– Stasera “S’ignora” di Fabio Massimo Franceschelli con la regia di Francesca Guercio al Teatro dell’Orologio. Un capolavoro. L’unica cosa che cambierei è diminuire la frequenza con cui cade la locuzione “Fanculo”, che stanca. Ma il resto è un capolavoro. Un uomo scrive un testo su come si senta una donna arrivata ai 40 anni. Un’attrice discute metateatralmente con l’autore mentre svolge il testo, nell’ambito del quale recita un’attrice teatrale. E fin qui è Franceschelli purissimo, ho imparato. Con l’aggiunta di una presa generosa di mania autoflagellativa della regista – una fiera delle proiezioni. Ma è proprio questo che rende il pezzo fantastico. Per tutto il tempo ho rimuginato: ecco, ecco, ecco! Questo è ciò che ho sempre pensato delle donne (italiane) di 40 anni, viste con affetto e disincanto, ma anche attraverso le lenti distorte del mio essere maschile. Cose che non avrei mai avuto il coraggio di dire a nessuno, temendo di venire aggredito, ed invece eccole messe in scena da due donne che, quindi, approvano e vivono il testo. E’ commovente sentirsi meno solo… ma è un momento pallido e fugace. La donna in scena si rende conto di non riuscire ad ottenere la realizzazione sessuale e/o di coppia, di non essere riuscita a realizzarsi professionalmente, di non voler essere madre a tutti i costi, di essere ancora imprigionata abbastanza nel trauma di essere figlia e compagna. E, finalmente, a 40 anni, si rende conto non solo di essere sola, disperatamente sola, ma che l’arco di tempo a disposizione per cambiare questa situazione con i mezzi che ha imparato nel corso della sua educazione (seduzione, messa in scena di se stessa, insomma tutti quegli atteggiamenti da venditrice del prodotto “se”), è scaduto. Ora le ragazzine le cedono il posto a sedere sull’autobus. L’ora della verità, in cui finalmente affrontare i mostri nascosti? Giammai. Si recita ancora, ed ancora ed ancora. Perché si attende continuamente che la soluzione venga da fuori. Si attende il prossimo uomo, il prossimo lavoro, la prossima emozione. da dentro non viene nulla, e non perché si sia vuoti, ma perché questa pienezza deve restare celata ed inaccessibile. E come tutti i misteri più misteriosi, dopo un po’ nessuno li vuole più sapere. Dopo aver giocato 20 anni a rendersi inafferrabile, il mondo maschile la lascia andare. Si sente tradita e fregata, sente di non aver vissuto fino in fondo nulla: né la sessualità, né la quotidianità, né la sessualità, né la vita di coppia, né la sessualità, né la professione, né la maternità ma, soprattutto, la sessualità. Torna l’eterno “l’uomo che scopa é un fico, la donna che scopa è una troia”, ma poi anche l’ammissione del fatto che in questo schifo di cultura italiana la donna piace e viene riconosciuta per tale proprio quando è apertamente troia. Ingrassando sono uscito da quel mondo e lo vedo dal di fuori. Conoscendo nel frattempo donne di 50 anni, avendo purtroppo visto fin troppo spesso come si risolverà questa crisi nei prossimi anni, l’orrore mi ha da tempo consigliato di lasciarle perdere tutte: impossibile farci veramente amicizia, insoddisfacente far parte della schiera di chi le usa, inutile cercare un confronto alla pari. Ma mentre la vita per uomo, nella sua solitudine, è costruita per essere passabile, quella di una donna, che attende sempre qualcosa che arrivi da fuori, è un inferno. Franceschelli e Guercio mettono in scena la disperazione in modo commovente, convincente, romanticamente autoreferenziali, suggestivamente. Conoscendo Fabio, sono riuscito ad indovinare l’anno in cui ha scritto questo splendido pezzo di teatro, e ci si è riso su insieme. Conoscendo Francesca, mi pare che questa messa in scena non potesse arrivare in un momento più giusto – per lei – di questo. Per questo ero così commosso, perché in sala si sentiva pulsare la vita, fortissimamente… Ma la tragedia di milioni di italiane destinate a finire come la figura di “s’ignora” rimane. Ma questa è la mia prima reazione ora che sono commosso, grato e sconvolto. A volte sarebbe meglio non sapere nulla di chi lavora ad una piéce teatrale. Ma a volte sarebbe meglio guardare bene il teatro di Fabio Massimo Franceschelli ed accorgersi che il suo lato sentimentale, mal celato da sovrastrutture, è un esplosione di grazia e tristezza, di malinconia e pessimismo, che mi fà pensare a Dino Buzzati che, di Franceschelli, é fratello maggiore. Un’ultima nota su Francesca La Scala, l’attrice protagonista di “S’ignora”. Brava, Capace di essere tutte le donne inserite in questo macrocosmo della disperazione, di saper fare teatro e metateatro in modo convincente e spiritoso, di non perdere mai né la lucidità né un fortissimo senso del ritmo e dell’emozione. Fra tutti gli artisti che ho visto quest’anno, una delle attrici che mi ha più impressionato – e che, sul palco, emana tanta energia da sembrare almeno dieci centimetri più alta di quanto sia in realtà. Brava, grazie davvero.

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