Ha fatto come David Bowie. Quando ha sentito che questa fosse una buona stagione per morire, ha lottato solo per finire un ultimo album. Costruito in casa, con il figlio. Poi Leonard Cohen si è addormentato per sempre. Nell’ecatombe di questo anno disgraziato, ho nelle orecchie le grida dei giovani americani che, in piazza, dicono che Donald Trump non è il loro Presidente. Non sono le masse oceaniche che ci furono contro il Vietnam, ma è lo stesso l’inizio di una nuova ondata di creatività. Purtroppo, l’essere umano dà il meglio di sé, come artista, quando soffre. La disgregazione della società, il fallimento del capitalismo speculativo finanziario, il collasso della democrazia, hanno inaugurato un’epoca drammatica di frustrazione, di dolore, di disperazione. Ma noi vogliamo vivere, vogliamo esserci. Leonard Cohen e David Bowie hanno cercato di cancellare, con queste loro nuove canzoni, il vuoto della delusione di non poterci essere, perché sapevano che avrebbero avuto per sempre qualcosa di nuovo da dire, da capire, da scrivere. Di Leonard Cohen ho amato la sua glorificazione della parte apparentemente più sordida, nascosta e pudica del nostro bisogno di vita e di futuro. Il fatto che siamo capaci di affrontare anche la malattia e la privazione, pur di esserci. Lui è stato capace di affrontare la morte, pur di vivere. Così, quando ascoltate “Hallelujah”, pensate che il vero Leonard era quello cantato da Fabrizio De André che, per primo, traducendo “Suzanne”, aveva capito questo lato fondamentale e necessario per la nostra vita. Perché Faber era uguale. Per ricordare un grande artista, che ha accompagnato la mia vita, spiegandomi di come dovessi prepararmi ai momenti più difficili con la calma, la serenità, la lucidità necessarie per tornare a galla, vi suggerisco una sua canzone su chi non ce l’ha fatta: la versione di Faber di “Seems so long ago, Nancy”: una canzone sulla ricerca dell’amore nei luoghi sbagliati, sul trasformare la voglia di vivere in disperazione e, da ultimo, in un suicidio. Oggi come sempre. Nancy è ancora senza compagnia, non la vedevamo allora, non la vediamo oggi. E se non vediamo lei, ci insegna Leonard, nessuno imparerà mai a vedere la parte di noi stessi, che ha più bisogno e che noi stesso soffochiamo. Faber direbbe: Non può più testimoniare. Hallelujah. Addio, signor Cohen, ora te ne sei andato anche tu. Il mondo è più barbaro, il cuore più gonfio. La consapevolezza è dolorosa, ma necessaria.

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