“Il Giornale”, quotidiano della famiglia Berlusconi, diretto da Alessandro Sallusti, vende oggi, acclusa, una copia di “Mein Kampf”, il libro ideologico scritto da Adolf Hitler in due volumi tra il 1924 ed il 1926, e che contiene l’autobiografia del Führer, la sua critica al “lassismo razziale” (e quindi il fondamento della teoria della “soluzione finale” per lo sterminio degli Ebrei), la sua critica al capitalismo classico (il cui scopo è quello di migliorare lo stile di vita di chi ne è protagonista) ed al capitalismo socialista di ispirazione marxista (il cui scopo è quello di migliorare lo stile di vita di tutti). A questi modelli contrappone una visione dell’uomo come servitore di una nazione, proponendo l’accettazione del sacrificio della propria vita per il bene astratto della Germania – che non è fatta di persone, ma di idee forza. Le sue linee guida sono: a) l’espressione di un presunto diritto del “popolo tedesco”” ad annetter l’Austria e tutti quei territori che, per un motivo o per l’altro, Hitler riteneva interessanti; b) la spiegazione della crisi economica globale come effetto di una congiura ebrea, cui andava risposto con la violenza – considerata non solo legittima, ma eroica; c) la sostituzione della classe (in senso marxista) con la razza come soggetto politico che debba essere perno della società; d) una riforma parlamentare (purtroppo) molto simile a quella proposta dal Ministro Boschi e che potremo cancellare con un referendum in autunno. Scrivo queste righe per coloro che fossero tentati di cadere nel tranello di Sallusti per curiosità. Saperne di più, di ogni argomento, è sempre un bene. Ma questo non è un’operazione culturale, ma ovviamente un’operazione propagandistica per far vendere un fogliaccio che pochi vogliono leggere. Il motivo principale per cui “Libero” e “Il Giornale” non vengono letti, è che la stragrande maggioranza di ciò che contengono è o inventata di sana pianta, o semplicemente un commento astioso ad una notizia che viene appunto non raccontata, ma discussa da posizioni che nemmeno possono essere definite populiste o qualunquiste. “Il Giornale” e “Libero” sono quotidiani che, per il loro contenuto, servono per diramare i bollettini di propaganda di formazioni politiche di estrema destra (funzione legittima e democratica) e per disinformare. Esiste anche in Italia una domanda fortissima di bugia. Le persone hanno delegato non solo il potere decisionale, ma anche quello di pensare, e non vogliono dialettica, schifando ogni responsabilità personale – il che è uno dei pilastri filosofici della riforma Boschi. Quindi la pubblicazione di “Mein Kampf” è da un lato un trucco pubblicitario per impressionare e disgustare (quindi attrarre), e dall’altro un’operazione politica che tende a sdoganare una proposta politica, esclusivamente estetica, antilbertaria, disumana, menzognera ed inefficiente, in un momento in cui la popolazione, ignorante, ignara ed eterodiretta, vuole un bagno di sangue, pensando in modo ridicolo che se quel bagno venisse, il solo fatto di averla prodotta assicurerebbe di stare dalla parte di chi la sopravvive. Cosa intendo con “estetica”? Il contrario di pragmatica. La gente che oggi compra “Mein Kampf” probabilmente non lo legge, ma lo mette in salotto per scioccare i propri ospiti oppure lo cela come un totem, come il segno di avere avuto coraggio, come uno che per la prima volta vince la vergogna e si compra un giornaletto pornografico. Sallusti, che non sa e non vuole fare il giornalista, è continuamente a caccia dell’episodio che lo possa portare ad avere guai seri con la giustizia, per potersi poi dichiarare martire (eppure sappiamo già che lo sia, per masochismo, dato che pare sia sentimentalmente legato alla signora Santanché…) e vendere qualche copia in più. Un male congenito della nostra era post mortem della società umana, in cui la visibilità e l’estetica sono un valore positivo fine a sé stessi, invece che uno strumento. Moltissime persone, oggi, che non hanno valori veri per essere visti (in senso affettivo), voglio essere guardati (in senso estetico), sicché rinunciano alla propria umanità. “Mein Kampf” è un punto di riferimento per queste persone, che non lo sanno, perché nella loro visione estetica Hitler è (ancora) “brutto”, e loro non vogliono essere brutti. Il fatto che condividano contenuti ed idee naziste li disturba, anche se ne sono pieni, e si rifiutano di accettare la responsabilità di ciò che sono – sempre in nome dell’ignoranza estetica dei contenuti. Pubblicare oggi “Mein Kampf”, oltre ad essere una squallida operazione commerciale da persone disprezzabili, è un’operazione politica disgustosa, violenta, inneggiante ad un Olocausto della società umana già in atto. E giustifica tutti coloro che, in nome della visibilità, hanno rinunciato alle proprie responsabilità ed alla propria umanità. Post Scriptum – Come nella gag della signora Guzzanti con il mantra “e le foibe?”, la mia bacheca personale si è riempita di persone che dicono che l’Unione Sovietica fosse una dittatura sanguinaria quanto la Germania nazista. Concordo pienamente, senza dubbio. Ma “Il Capitale” di Karl Marx non ha nulla a che vedere con quella dittatura. Il quel libro non si teorizza lo sterminio di nessuno, ma si elencano complesse operazioni filosofiche e di economia, che si possono considerare giuste o sbagliate. “Mein Kampf” invita ad uccidere. “Il Capitale” a concepire diversamente i rapporti nell’ambito della produzione. Scusate se la differenza vi pare poca.

Lascia un commento