E venne il giorno in cui Constantin Seibt pubblicò un pezzo di storia della mia vita sul suo giornale, e tantissima gente mi scrisse per ricordarmi chi fossi, tanto tempo fa. In quello stesso giorno mi chiama B e mi dice che mi ha sempre amato, anche se non è stata capace a farlo, e se persino i medici dicono che sia meglio che non ci vediamo. E che oramai è così da talmente tanti anni che non cambierà più. Ora sono solo nella mia stupenda cucina, dal lato del mare, e sento le campane suonare. Non ero mai stato tanto solo come in questi ultimi mesi, ma la malattia e la stanchezza non mi lasciano alternative. Ho vissuto come una cicala e ne sono fiero, sono stato irraggiungibile e solitario. La solitudine mi rasserena. Quando ho voluto bene, ho fatto molti pasticci. Quando ho cantato, sono stato libero. Quando ricordo, sono più vecchio di tutti. Ma quando mi commuovo, e vi giuro che lo faccio spesso, perché tanti di voi sono incredibilmente unici e spettacolari, sono ancora bambino, mi stupisco di tutto, tutto è ancora in divenire. Mi fa orrore l’Italia nera e sanguinaria eletta il 4 marzo e che sta cominciando a torturare ed uccidere. Mi fa orrore il mondo di Trump, di Putin, della Monsanto, delle multinazionali, mi scoraggia il fatto che, da ragazzini, credendo di combatterli abbiamo fatto il loro gioco. Ma soprattutto mi manca quel Paolo che, in Svizzera, combatteva per un ideale di giustizia, e mi manca B. Mi manca così tanto che sono felice ed esausto.

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