Non scrivo mai dei miei sentimenti negativi, perché sono rari, ed il mio snobismo mi protegge quasi sempre. Sono un vecchio brontolone che non fa male a nessuno. Ma allora? Perché oggi? Perché questa settimana, 50 anni fa, usciva il primo singolo del “nuovo” Gaber, quello del Teatro Canzone: “Eppure sembra un uomo”, che poi, negli anni successivi, verrà inserito in quasi tutti gli spettacoli, fino a quando “Libertà obbligatoria”, nel 1976, diede una nuova svolta. E poi intorno a me accadono cose che mi fanno capire sempre più dettagli sul mio carattere… in quella canzone Gaber dice di me: “i vecchi bisogna ammazzarli da bambini”. Avete perso una grande occasione. Il ribrezzo è più forte dell’odio, che è cosa lucida e calma. L’odio è burocratico, come il nazismo. Un sibilo, un soffio. Il ribrezzo è incontrollabile, un grido. Lo imparo, giorno dopo giorno, con l’esperienza che faccio nella vita quotidiana. All’odio non arrivo, mi basta il disprezzo, quando sono calmo, che è ancora altro. Ciò che disprezzo mi fa male solo quando, come nel caso del nostro Paese, la maggioranza della gente mi sembra disprezzabile, stupida, ignorante, inconsapevole, brutta, violenta. Quando sono preso dal ribrezzo per una persona, un insetto, una malattia, non ragiono più, voglio solo evitare qualunque contatto, scappare, nascondermi, perché da tempo ho imparato che alcune persone, come i batteri, il cancro e gli insetti, sono un orrore incurabile e non razionalizzabile. Ma il razzismo non è né l’uno né l’altro. Il razzismo è la paura, la pigrizia, consustanziato nella confusione tra io e non-io. Il razzismo è quel senso che ti prende quando non sai più chi sei, e cerchi di definirti tramite cose semplici e superficiali, dicendoti che non sei questo e non sei quello. Non ne faccio una questione morale, e potrei, e non ne faccio una questione pragmatica, e dovrei, non ne faccio una questione culturale, e non avrebbe senso (il razzista è un coglione ignorante), non ne faccio una questione etnocentrica (gli africani sono spesso più razzisti di un italiano, un tedesco, un norvegese o un olandese qualunque). Insomma, non ne faccio una questione. Chi fonda la percezione di sé sul razzismo è destinato ad essere punito dalla vita, perché sceglie una strada disfunzionale – e vive male. “Ma io, se fossi Dio, la Terra la vedrei piuttosto da lontano, e forse non riuscirei ad accalorarmi per questo scontro quotidiano… così va a finire che io, se fossi Dio, io mi ritirerei in campagna, come ho fatto io”.

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