Piccolo scandalo svizzero. L’On. Christa Markwalder (liberale) ha, come tutti, due badge a disposizione per le stanze interne del Parlamento federale. Come tutti, si fa pagare da aziende di lobbying perché costoro attraverso i parlamentari possano piazzare i loro manager dentro il Palazzo. Di più, l’On. Markwalder ha iniziato a dare informazioni riservate a questo lobbysta relative al procedimento contro il Presidente del Kazakistan Nursultan Nazarbayev e la sua famiglia, che nasconde dei soldi che sono stati congelati nelle banche svizzere. Il lobbysta comunicava con un dirigente della Philip Morris in Kazakistan, che dava le informazioni nel Palazzo presidenziale di Alma Ata. Da lì partivano istruzioni che l’On. Markwalder ha tramutato in un’interrogazione parlamentare – ed a causa della quale è stata scoperta. I media hanno alzato la voce, i lobbysti in questione sono stati scacciati dal Parlamento federale, un’altra parlamentare liberale ha cancellato i suoi due badge, perché sapeva bene che anche quei lobbysti fossero legati al governo del Kazakistan. Per l’On. Markwalder c’è stato un rimbrotto, un fervorino, una promessa che non lo farà più. Del resto tutti i parlamentari svizzeri rappresentano, oltre a se stessi, qualche gruppo di interessi, qualche banca, qualche azienda. Non si tratta di un segreto, sono cose dichiarate e che il pubblico considera “utili” di modo che si sappia perché un certo parlamentare vota in una direzione e non nell’altra. In Svizzera, come negli Stati Uniti, il partito di appartenenza conta pochissimo. Generalmente si appartiene ai liberali, ai socialisti o ai democristiani perché il bisnonno, il nonno, il papà etc etc etc. La destra socialista è molto ma molto più a destra della sinistra liberale, e via di seguito. Ma quando si vota su questioni serie, la stampa divide le maggioranze per lobbies, e non per partiti – come negli Stati Uniti. La corruzione, quindi, viene data per scontata e considerata un mezzo per raggiungere la trasparenza. La Svizzera è un paese a maggioranza protestante e in alcune zone addirittura calvinista, del moralismo cattolico non sanno che farsene. Prima considerazione: in Italia queste cose esistono, ma non se ne parla, e se se ne parlasse la stampa griderebbe molto più forte chiedendo delle dimissioni di Tizio e Caio – che poi arriverebbero solo in un caso: e qui Italia e Svizzera sono uguali. Dal momento che oramai “vale tutto”, e che non si capisce più la differenza tra autorità ed autorevolezza, tra verità e verosimiglianza, tra moralità e moralismo, paga solo chi viene offerto come capro espiatorio (e si lamenta per questo, spesso con successo): Di colpo, quello che i nazigrillini chiamano “un componente della casta” (come l’ex ministro Lupi), viene offerto gratis alla ferocia della canaglia latrante, che lo sbrana e lo fa dimettere. Per questo, interrogato sullo scandaluccettucolo Markwalder, mi sono permesso di rispondere: si tratta di una questione irrilevante, finché continueremo a credere fideisticamente che la democrazia sia il paravento per qualunque altra cosa e che, con qualche briciola di circenses, e quindi qualche frustata in piazza, ognuno accetti di buon grado di aver perso il controllo democratico ed aver allegramente rinunciato alla propria responsabilità in cambio della promessa che, in questo mondo o nell’al di là, parteciperà al banchetto. Aveva ragione Giovanni Paolo I: il XXI secolo è quello dell’oscurantismo e del fondamentalismo religioso, e non solo tra i musulmani.

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