Oggi, Frank Spilker compie 51 anni. Che mi piaccia o no, la cosa mi scuote non poco. Come è possibile? Eravamo ragazzi, non più di un paio di settimane fa… Carsten e Steffen mi avevano fatto ascoltare i primi dischi di questa incredibile band di Hamburg, ed io ero andato a vederli suonare a Basilea. Mamma mia. E poi a Zurigo, e poi ovunque potessi. E poi l’amicizia con Ted, e Knarf Rellöm, la scoperta di tutta la scuola amburghese… Goldenen Zitronen, Mutter, Blumfeld, FSK, Huah, Aeronauten, Tocotronic e tantissimi altri… il punk tedesco che diventa lirica, affettività senza pathos, disincanto, lucidità, sarcasmo, un nuovo modo di pensare, di percepire sé stessi ed i sentimenti, una lingua divenuta per me più familiare ed intima dell’italiano, la dicotomia tra il vecchio me, così intriso di Primavalle, e quello nato dal disastro del mio matrimonio, in una sperduta fattoria/comune della DDR, una seconda chance per vivere, sognare, crescere, essere – e gli anni di Radio FREI, Erfurt, Leipzig, e poi Kerstin ed una lunga storia d’amore, nella quale sono annegato con entrambe le mie vite, per poi costringermi a trovare un equilibrio che non avevo mai avuto. Le giornate passate insieme a Menaggio, a veder costruire il più bel disco di Knarf e Patex, e poi i sogni, le canzoni, la nostra piccola band in tour, liti sciocche, inutili, infantili. Ed infine scrivere teatro, e recitare a Berlino e poi ovunque con Samuel Schwarz e gli altri idoli di Amburgo, lottando per restare con Barbara, la nascita del vero dolore, degli Osama Sisters, Eric Kießling. In pochi minuti mi passa davanti agli occhi una vita intera, decine di anni intensi, appassionati, senza fiato. Un treno sempre più veloce, più assordante. Le discussioni a Massa Marittima, la scuola di Hamburg in vacanza a casa mia, nel prato, la mia festa per i 50 anni, la fine, il crash, il terremoto, l’implosione, e poi cadere dalla finestra, il 3 settembre del 2011, come se fossi Mork che rientra dal Pianeta Ork. Bang. Puff. Di tutto ciò non resta nulla. Ora sono un’altra persona. Completamente. Tenerezza e simpatia? Nemmeno tanta. Nostalgia? Direi di no. Avrei potuto essere e fare tante altre cose. Ho imparato così talmente tantissimamente tanto. Una lingua meravigliosa, musicale, precisa, amorevole, piena di passione, altro che l’italiano. Ed ora Frank Spilker ha 51 anni. Ha completamente cambiato volto, logico, ed anche lui, oramai, sarà un’altra persona. Come tutti. Ma per quella voglia disperata e disperante di vivere, una vita intera non basta. Chi crede che i tedeschi siano freddi non sa nulla del calore. Chi crede che la Germania sie noiosa ed impenetrabile non sa nulla della necessità imperiosa di appartenere, di distinguersi, di restarsi fedeli, di mantenere un cuore senza scivolare nel lezioso, nel retorico, nel patetico. Ci si mette così tanto per arrivare al nucleo del codice, e già siamo trapassati remoti. Frank canta: “Non ha senso aspettare che ci sia un piccolo miglioramento, perché quel miglioramento non valeva l’attesa”. E poi: “siccome gli amori sono così importanti, si beccano tutto il carico di ciò che siamo, e coloro che amiamo fanno indigestione di noi. Quando poi restiamo soli, e questa è la vera fregatura, ricordiamo di essere stati male e tristi, ma non ci ricordiamo più perché”. Frank. Mi ricordo tutto. Thomas, come stai? Sei arrivato a nove o stai facendo l’ultimo passo nel baratro? Ted, Patex, Victor, Knarf, Bernadette, vi ricordate? Siete ancora arrabbiati? Addio? E’ possibile dirlo? O siamo tutti “lavapiatti universali”, coloro che “conoscono talmente bene sé stessi da non potersi più sopportare”, ma restano protagonisti di mille film sulla vita? “Ogni giorno è un processo contro di me, e non so chi e perché si riprometta di ottenere qualcosa da ciò”. Appunto. Grazie alla vita, che mi ha dato tanto. Tanti auguri, Frank. Con tantissima riconoscenza, a nome di tutti i fantasmi della mia fantastica gioventù. Ed un bacio a Kerstin.

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