La radicalizzazione religiosa ed il fondamentalismo fideistico del Movimento 5 Stelle mi preoccupano sempre di più. Al contrario della Chiesa Cattolica, dell’Ebraismo e dell’Islam, il Grillismo non ha una linea chiara – non ha un Libro, come le altre tre religioni – ma una serie di decisioni ondivaghe e viscerali, tutte esagerate (che è un presupposto del fondamentalismo religioso), tutte completamente scollegate dal fine pratico che si sostiene di voler ottenere. Nel momento in cui un Grillino, eletto in un posto di responsabilità, decide di usare il pragmatismo e la ragionevolezza (e quindi il compromesso) per ottenere dei risultati, i Sacerdoti del Tempio lo scomunicano. Quegli stessi Sacerdoti che fondano il loro potere non sulla loro capacità di incidere sulla realtà (il Parlamento italiano, nei tempi del renzismo, vale solo per distribuire praebende e garantire una certa massa critica per giustificare e coordinare operazioni mediatiche) ma sul loro potere punitivo all’interno del “movimento”, non hanno una linea certa, ma un’attitudine. Come molte band della musica rock, le differenze tra loro le vedi solo con grande attenzione nel loro modo di essere sul palco – ma alla fine sono tutte simili. Di Maio, Di Battista e compagnia cantante, se li analizzate in base alle loro esternazioni ed i loro comportamenti, sono democristiani di destra, che vent’anni fa avrebbero militato in Forza Italia. Perché avrebbero usato Silvio Berlusconi allora come usano Beppe Grillo oggi – come giustificazione aprioristica del loro esistere, sostituendo all’autorevolezza (di cui ci sarebbe bisogno) l’autorità. Il fatto che molto spesso dicano immense cretinate non scalfisce nulla della loro presenza sul palco. Ai tempi di Andreotti li avrebbero limitati ad essere consiglieri comunali in provincia, semmai fossero stati capaci di portare voti. Ed ecco il punto centrale. Nell’Italia del consociativismo, i due maggiori partiti di centro, ovvero il PCI e la DC, riuscivano a coagulare consensi con l’organizzazione fino al livello più minuscolo delle praebende e con un pragmatismo chiaro e lineare che poteva essere scelto da un elettorato più sensibile al pensiero (che da sempre, ovunque, è minoranza estrema). Gli altri partiti erano solo distributori di preabende per coloro che erano rimasti fuori dalla grande distribuzione di regalie. Forse non ve li ricordate più, i socialisti di Bettino Craxi ed i socialdemocratici di Pietro Longo, di Nevol Querci e Paris Dell’Unto… Nell’Italia di oggi, i partiti maggiori non possono più dividere denaro verso il basso, ma solo attraverso consulenze o il finanziamento di opere ed organizzazioni. Il proletariato è stato estromesso ed è furibondo, anche perché scompaiono i posti di lavoro e si riduce il denaro a disposizione, proprio mentre la pressione consumistica aumenta. Il conosciativismo classico è morto. Il Grillismo non promette di risolvere la questione, ma di far soffrire coloro che le praebende le ricevono ancora. La soluzione dei problemi non è più un’opzione. Persone come il Sindaco di Parma, che è finito nei guai con la magistratura perché ha cercato di amministrare la città a modo suo, ma dovendosi piegare ai necessari compromessi propri del sistema multipartitico, sono pragmatiche, quindi se ne devono andare. Non mi interessa in questa sede stabilire se Pizzarotti abbia torto o ragione. Il Grillismo è fondamentalismo religioso perché promette soluzioni solo post mortem, nel Paradiso del dopo-democrazia, quando la rabbia popolana avrà distrutto tutto ciò che ritiene un totem: non il consumismo, ma la sua mancata redistribuzione a tutti; non l’equilibrio salvifico del pianeta, ma il mancato diritto ad inquinare tutti allo stesso modo; non la giustizia, ma la vendetta; non la verità, ma il credo. Ciò che i Grillini non vedono, è che non esistendo il Libro, il Credo oscilla ed è nelle mani di persone di scarso valore e nessuna moralità, che hanno trasformato il Movimento in una massa d’urto elettorale, rinunciando, dal giorno famoso del NO a Bersani, a trasformarlo in forza politica. La Signora Raggi, che annaspa cercando di capire da chi debba prendere degli ordini, e che per ora si affida al figlio di Casaleggio, è per certo l’espressione di una lobby di cui non vediamo ancora i finanziatori (altrimenti tutti quei click non li avrebbe avuti e non potrebbe pagare la campagna che sta facendo), nel momento in cui sarà Sindaco e dovrà confrontarsi con le rappresentanze dei Vigili Urbani, dell’ATAC e dell’ACEA non saprà che fare. O si comporterà come Pizzarotti, scegliendo il male minore e seguendo la sua coscienza e la propria (scarsa) esperienza, oppure cercherà di applicare un credo religioso sdrucciolevole e del tutto inadeguato al pragmatismo necessario per gestire una città di oltre 3 milioni di abitanti, e se la mangeranno. Come ce ne accorgeremo? Smetterà di parlare in pubblico, perché non le daranno più discorsi da imparare. Le si vedranno di nuovo le orecchie a sventola uscire dai capelli, ricomincerà a sorridere aprendo la bocca. Insomma la lasceranno sola a sé stessa, ed allora il ricordo di Ignazio Marino sarà il punto di riferimento per valutare gli effetti ilari e distruttivi dei suoi anni sul Ponte di Comando, passati a cercare inutilmente di capire quale fra gli oggetti disseminati su quella plancia fosse il timone.

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