– Sono andato al Teatro dell’Orologio a vedere “Il volo delle farfalle” di Federica e Matteo Festa – un monologo sulla vicenda di Emanuela Orlandi. Ci sono andato un po’ prevenuto, perché dopo tanti monologhi, l’ennesimo, per giunta su un tema così sdrucciolevole, mi faceva temere approssimazione e kitsch. Invece sono stato felicemente contraddetto: “Il Volo delle farfalle” è una piéce esemplare di teatro politico, sociale e poetico come avavo visto solo con il “Gobetti” di Claudio Di Loreto ed Emanuela Cocco. Federica Festa è un’attrice magnifica. E’ credibile in tutte le parti. Misurata, appassionata, ma mai fuori dalle righe, attenta agli spazi del cuore e della ragione, senza mai dare l’impressione di premere l’acceleratore sul sentimento facile. Federica recita la parte di una suora turbata che aveva avuto Emanuela Orlandi come studentessa di flauto, poi di Natalina, sorella di Emanuela, che dà voce alla famiglia Orlandi, poi di una vittima popolana del crack del Banco Ambrosiano. In tutte queste parti la scrittura è emozionante, estremamente precisa, punta diretta al cuore dei problemi – ciò che in altri pezzi apparentemente politici non c’è, perché non si è stati capaci di unire la Storia al Teatro. Federica e Matteo Festa spiegano il crack Ambrosiano nelle sue conseguenze più piccole e dolorose, ma con una precisione paragonabile a quella di storici come Charles Raw ed Ernest Backes. Spiegano il dolore della famiglia, un dolore di quesi 30 anni oramai, con una precisione che fà scorrere le lacrime a noi spettatori proprio perché così essenziale, tagliente, non calcata. La scena più grandiosa è quella finale della suora che, scappato Don Pietro di fronte alla sua responsabilità di officiante e sacerdote di Cristo, dice la Messa, una sua Messa, una nostra Messa: vogliamo la verità, ne abbiamo bisogno. Il nostro bisogno di credere o non credere nel Divino, nella giustizia, nell’onestà, cede di fronte al tradimento peggiore di tutti: quello compiuto dalla Chiesa Cattolica con il rapimento di una sua cittadina, con l’umiliazione di chi la serve, l’arroganza criminale della sua omertà mafiosa e spocchiosa. Perché “Renatino” De Pedis è sepolto fra i grandi della Chiesa? Perché il Vaticano protegge la Banda della Magliana? A cosa credere? Alla suora che scelse Dio perché voleva imparare l’amore e scegliere la strada per assomigliare a Cristo? Alla popolana che vende le immagini di Roma come una mendicante dopo che il Vaticano le ha rubato tutti i risparmi e la pensione? Federica e Matteo Festa non chiedono nemmeno punizioni, ma solo che l’eterna attesa abbia una fine. Che si dimostri che fine abbia fatto Emanuela, che fine abbia fatto ciò che noi abbiamo imparato dovrebbe essere la Chiesa – e che invece non è. E mi sono commosso ancora alla fine, nel silenzio rotto dalle lacrime di chi, come me, era straziato dal monologo e dalla scena finale della suora, ascoltando la voce nota di un’altra grande attrice, Francesca La Scala, che legge dal Diario di Emanuela Orlandi. Grazie. Questo è il Teatro politico di cui l’Europa ha bisogno: un Teatro che parli al cuore come quello di Giorgio Gaber, che spieghi alla ragione come un testo dei nostri più grandi giornalisti di inchiesta, che insegni all’anima che la sporcizia del clero, se non lavata nella reiterazione della necessità di verità e giustizia, diventa anche la nostra sporcizia. La famiglia Orlandi non ha bisogno di noi, dimostra Federica Festa, perché hanno la fede ed il ricordo di Emanuela. Siamo noi, se abbiamo un cuore ed un cervello ed una dignità, ad avere bisogno della famiglia Orlandi. E di Federica e Matteo Festa, che ce li fanno raggiungere con tanta grazia e dolorosa tenerezza.

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