Fine ottobre 1992, nel giardino della scuola elementare di Cevio, paesino della Valle Maggia, per arrivarci da Locarno prendete la strada che va verso le Cento Valli e poi girate verso Gordevio. Una valle stretta, in cui il verde intenso combatte col grigio dei graniti ed il bianco della Maggia che scroscia. Mia figlia Valentina è appena uscita da scuola e non si aspetta che io sia lì, perché di solito va e viene col pulmino giallo del Comune. Non mi vede, è tutta assorta, ha un pullover che adoro, bianco e marrone, ed ha il sole sul viso. Ha gli occhi tristi che conosco fin troppo bene, occhi di amore deluso, di preoccupazione, di solitudine, che la strappano al di là degli altri bambini (“Paolo, io non sono uguale, i miei pensieri sono come se raccogli la panna col pane ed è troppa e ti sporchi le mani e la bocca. I miei pensieri sono sporchi di troppi altri pensieri). Inutile raccontarvi dei miei sensi di colpa, molti di voi sono già stati padri e sanno già tutto. Valentina si gratta il naso con una mossa che ha ancora adesso, che vuol dire che ha deciso qualcosa. Si volta e grida un nome. Un’altra bambina le corre incontro e le dà uno spintone affettuoso. Di colpo, Valentina mi vede e si blocca. Le vado incontro sorridente, e lei fa una smorfia, questo immenso esserino straordinario di nemmeno sette anni e con indosso il peso di generazioni che l’hanno portata ad essere lì, proprio in quel momento. Non le piace essere presa in braccio, mi accuccio, l’abbraccio e la bacio. Mi dice: “Sei venuto per me?” Certo, Vale, certo. “Sei davvero venuto per me, proprio per me?” Certo, perché ti amo, perché mi mancavi, perché mi sono preso un’ora libera per essere qui quando uscivi, per vederti qui, dove non ti avevo vista mai. E lei: “Ce lo danno il permesso che oggi sono con te?” – e non siamo andati a casa, siamo andati alla cascata di Foroglio, in Val Bivona, e abbiamo mangiato la trota, unti di grasso ed allegria. Fino al tramonto. Quel giorno mi ha insegnato ad andare sempre, lì dove è lei, sorridendo, per farle vedere che sono lì per lei. Che ho deviato dalla vita perché mi mancava. Se avete una persona che amate, e che vi ama, deviate dalla strada, gettate alle ortiche pigrizia e sicumera della paura, trasgredite l’ortografia del tempo, create una bolla di spazio in cui ci siate solo voi. Tu e lei. Ribellatevi alla gabbia di consuetudini ed obblighi con cui droghiamo il cuore. Certo. Sono venuto per te, solo per te. Anche oggi, figlia mia, tesoro mio, amore mio.

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