– Prima che qualcuno di voi si possa fare delle idee sbagliate. Il prezzo della benzina oltre i due Euro è una scelta consapevole del Governo Monti e dei suoi alleati. Troppa gente sul lastrico si sta dando fuoco per disperazione. Bisognava trovare una soluzione. Aumentare il costo della benzina, appunto. 23 agosto 2012 – Scrive Davide Giacalone: “A leggere le statistiche delle ore lavorate, per settimana, in giro per l’Europa, si può cadere in qualche tranello, come, ad esempio, stupirsi per il fatto che gli italiani risultino i più operosi nella giornata di sabato. A La Stampa, ad esempio, sono riusciti a considerare 48 le ore lavorate settimanalmente in Germania, salvo scrivere, nella pagina successiva, che sono 35,5. La cosa interessante, però, è altra, ovvero la visibile discrasia fra regole, statistiche ed evidenza empirica. La produttività italiana è troppo bassa, ma le ore lavorate sembrano essere nella media europea. Se si disaggregano le medie italiane si scopre che i più operosi, nel senso, quanto meno, di presenti più ore al lavoro, sono gli italiani del nord-ovest, mentre i meno si trovano nelle isole. Se andate in giro per la Sicilia, però, trovate esercizi commerciali aperti a tarda notte, commerci di strada quasi sempre attivi, mercati che si animano incuranti delle feste. E non è un fenomeno solo siciliano. Questa realtà che posto occupa nelle statistiche sul lavoro? Temo nessuno, o scarsamente rilevante, perché molte di quelle attività appartengono a quel mercato che ipocritamente si definisce “sommerso” e che, invece, è talmente emerso da essere accessibile a chiunque ne abbia bisogno. L’irregolarità di quel mercato ne sancisce l’esclusione dai conti ufficiali. Posto che quel tipo d’irregolarità spesso si accompagna a evasione fiscale, ciò significa che andrebbe represso e sgominato? C’è da sperare in un intervento spettacolare e notturno, o festivo, degli agenti del fisco? Non me lo auguro affatto, anche a costo di espormi alle critiche moralistiche, di cui molti italiani sono campioni. Credo, invece, che siano le regole a essere sbagliate. Girate per quei mercati e visitate quei commerci. Osservate la gente che ci lavora. Vi pare di circolare fra squali profittatori che si arricchiscono alle spalle della collettività, senza fare nulla? E’ spesso vero l’opposto: sono cittadini che lavorano duramente, senza sosta, in condizioni non confortevoli. In quanto al guadagno, escludo che ci si diventi ricchi. Eppure si espongono al rischio di multe e contestazioni. Perché non ci sono alternative, perché quello è pur sempre un lavoro. Oltre tutto socialmente utile (anche dal punto di vista della sicurezza, perché piazze e vie animate sono più percorribili dei deserti oscuri). Il fatto è che a questi italiani, per introdurli nel mondo della regolarità, non solo chiediamo di pagare oneri e tasse con le quali uscirebbero fuori mercato, ma chiediamo anche di rinunciare all’elasticità del lavoro e degli orari. E’ un errore. Nessun Paese può prosperare se i suoi cittadini violano le leggi. Ma neanche può prosperare se per campare i cittadini sono costretti a violarle. Una parte considerevole di quel nero e di quell’evasione serve non ad accumulare profitti, ma a pagare la vita. E confondere questo con l’evasione dei profittatori è cieco giustizialismo, spesso celante, come il pudico moralismo incarnato da un Alberto Sordi censore (“Il moralista”), vite dissolute e biografie imbarazzanti. Se noi incorporassimo nelle ore lavorate quelle che questi italiani passano a darsi da fare i paragoni europei migliorerebbero, ma i conti dell’Inps non tornerebbero. Che si fa? Si sceglie la regola recessiva o si preferisce l’elasticità del mercato? Propendo per la seconda ipotesi e trovo inaccettabile che per praticarla si debbano violare le norme. Quindi credo che si debba cambiarle. Partendo dal principio che nulla è più prezioso della libertà, e nulla crea tanta ricchezza quanto la libertà”. Questo articolo, però, non può restare senza commento, perché non sono d’accordo su tutto. Davide Giacalone dice delle verità incontrovertibili. In Italia c’è chi ha un posto fisso e paga le tasse, e chi non lo ha e non le paga (almeno non sempre). Coloro che hanno il posto fisso si arrabbiano perché credono di essere vittime, perché a loro sarebbe impossibile evadere. Coloro che non lo hanno sanno benissimo che, se pagassero tutte le tasse, non potrebbero sopravvivere. Ma questo perché? Perché sono commercianti pigri? Comunque si lamentano, perché chi ha il posto fisso non ha paure, non deve fornire nessuna prestazione (apparentemente), prende i soldi sempre e comunque senza patemi d’animo. Giacalone ha ragione. Qui non è questione di pigrizia, anzi. Più un commercio è illegale, più si lavora, si rischia, si soffre, senza nessun sostegno, senza rete. Si fà ciò che si può senza pensare a questioni come: è il commercio giusto? Lo sto facendo nel modo migliore possibile? Ci sono dei margini di miglioramento? Chi lavora in quel modo non ha tempo per i dubbi, fà ciò che sa come lo sa, non importa se efficiente o no. E paga le tasse per coloro che hanno un posto fisso, pur evadendole, mente coloro che hanno un posto nella Pubblica Amministrazione non contribuiscono affatto ad aumentare la cifra a disposizione dell’erario. Anzi. Badate bene, qui non si fanno le pagelle dei buoni e dei cattivi. Ma i fatti sono fatti. Il contrabbandiere di sigarette spende per lavorare e per vivere, quindi paga l’IVA. Sono soldi che non c’erano, ricchezza. Il ministeriale prende i soldi dallo Stato. Quindi consuma dei soldi del fisco. Quelli che lui apparentemente paga, sono dei soldi che lo Stato finge di pagare e di riprendersi, quindi non spostano, non creano ricchezza, ma solo un costo in termini di burocrazia necessaria. Uno Stato fatto di contrabbandieri e nessun dipendente pubblico, le entrate del fisco crescono. In uno Stato fatto di statali e parastatali, come dimostra l’Unione Societica, l’economia va a picco. Questo ragionamento vuol dire che dobbiamo preferire o accettare il contrabbandiere e combattere il funzionario pubblico? No. Vuol dire che dobbiamo smettere di insultarci l’un l’altro e pensare in modo pragmatico e funzionale. In un Paese in cui la SIAE è la causa maggiore per la morte della cultura, perché la cosidetta protezione degli autori e degli editori non porta soldi a questi ultimi, ma crea un carrozzone amministrativo che viene pagato dagli artisti e dagli operatori culturali in misura tale da costringerli a chiudere. Ogni anno il numero dei concerti e delle rappresentazioni teatrali in Italia scende drasticamente di cifre superiori al 5%. Perché oramai la cultura, per essere mostrata e vissuta, dev’essere contrabbando. Nascosta, segreta, dissimulata, difesa dagli Sceriffi di Nottingham della SIAE. Lo stesso vale per il commercio, la logistica, pian pianino anche l’industria e la finanza. Per quello Davide Giacalone ha ragione. Sono le regole ad essere sbagliate e truffaldine. E siccome lo Stato lo sa, e sa che sta uccidendo la popolazione, tralscia di applicare le regole ogni volta che può, diffondendo la certezza che in Italia non c’è la certezza della pena, che è un deterrente importante al crimine. Dobbiamo continuare così? Perdobare ai politici perché fanno lo stesso che facciamo noi, solo in scala più grande? Questa è, ovviamente, una provocazione. Non solo non sono a favore dei contrabbandieri, ma come ho scritto più volta, se si annientasse il crimine organizzato (che in Italia “fattura”, secondo la Corte dei Conti, quasi 180 miliardi l’anno), le famiglie italiane sarebbero più ricche. Ma non sono nemmeno contro la Pubblica Amministrazione. Avete toccato il punto VERO e focale. Non funziona più la teoria del plusvalore! Lo rupeto: È LA TEORIA DEL PLUSVALORE CHE NON FUNZIONA PIÙ. Come diceva Robert Kennedy in tempi in cui persino Berlusconi era (quasi) inoffensivo, la valutazione del Prodotto Interno Lordo dà ragione di tutti i dati possibili, tranne di ciò che rende la vita degna di essere vissuta. La teoria del plusvalore dice che la ricchezza aumenta se, dopo aver comprato chiodi e legno per 10 Euri, io produco una sedia che vendo a 20 Euri. L’amministrativo non produce plusvalore e le sue tasse sono una partita di giro interna alle casse dello Stato. Ma paga l’IVA, come qualcuno ha detto giustamente. Il contrabbandiere paga solo l’IVA. Ma il commerciante di cui parla Davide cerca di evitare ciò che può, perché è chiamato a creare plusvalore per tutti e tre e non ce la fà: perché non ne è capace, perché il mercato non glie ne darebbe mai la possibilità, perché le tasse lo schiacciano, perché guadagna appena per sopravvivere. E vedete bene anche che porcata sia indicare il commerciante semi-illegale del Bangladesh che mi vende la frutta come l’evasore fiscale che rovina la vita del dipendente della Pubblica Amministrazione. Quindi la risposta è altrove, la risposta è nel tassare tutti a valle e nessuno a monte, nel diminuire le tasse a tutti, nell’uscire dalla spirale del plusvalore. Da quando Nixon ha sbloccato la parità fra oro e dollaro le valute sono divenute carta straccia valutate fittiziamente dagli organismi internazionali. e quindi acquisiscono valore in base alle oscillazioni finanziarie. Quindi il mercato funziona contro la teoria classica del plusvalore. Dobbiamo dire che la prestazione di servizi ha un valore ASSOLUTO fondamentale. E che è su quello che vanno misurate le tasse. Lo so che suona strano. Datemi tempo, o leggete Zizek, e pian pianino cercherò di spiegare il mio pensiero. Quanto alla SIAE, resto della mia opinione, specialmente dopo averci avuto a che fare. Primo: non protegge la proprietà delle opere, ma la punisce tassandola e poi non soccorre l’autore nei casi di plagio. Secondo: nelle discoteche incassa giustamente, la gente ci va a rotta di collo, ma nel resto delle manifestazioni è una tagliola disumana e distruttrice. Un’opera teatrale di nicchia, che richiama (non voglio fare nomi) 400 spettatori in 6 giorni di rappresentazione, è un’opera che merita di essere vista. Ma non si può, la SIAE la fà costare troppo, e quindi chi la rappresenta deve scegliere: o in nero, o niente cachet.

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