Non ho mai avuto l’onore di conoscere Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Alcuni dei miei amici, come Michele Gambino, che hanno avuto la fortuna di incontrarli, non li dimenticheranno mai. A me resta il ricordo della vedova di un Carabiniere della scorta che gridava “non cambieranno mai”, e lo sguardo perso del giudice Caponnetto che lacrimava “ora è finito tutto”. Ma non voglio fare della retorica facile. Dopo oltre vent’anni di lavoro a contatto con i magistrati di diversi Paesi, vorrei dirvi che la qualità più grande del pool antimafia, come si evince dai testi del Maxiprocesso, è quello di aver fatto il proprio mestiere con professionalità, pignoleria, correttezza. Ho conosciuto pochissimi altri magistrati così, come Pierluigi Dall’Osso a Milano, Enzo Piscitelli a Napoli, Luigi Saraceni a Roma, Mike Lauber a Vaduz e poi a Berna, che sono (o erano) altrettanto bravi. Poi ne ho conosciuti tantissimi che facevano male il loro lavoro e cercavano soprattutto notorietà. E ne ho conosciuti di corrotti, ovviamente, ed ho avuto a che fare persino con magistrati al soldo del crimine organizzato, specialmente in Svizzera. Fare i nomi qui, ovviamente, mi esporrebbe a conseguenze inutili, e poi non ho il diritto e l’autorevolezza di fare pagelle. Ma non sono i criminali ad aver reso quasi impossibile “fare giustizia” nell’Unione Europea – di cosa accada al di fuori non ne so abbastanza per parlarne. Secondo me ci sono cinque motivi principali per i quali, oggi, da noi, la giustizia sia una lotteria inaffidabile e proterva, che vale la pena di ricordare in una giornata particolare come l’anniversario della strage di Capaci. Mi sembra un modo per rendere onore a Falcone, Borsellino e tutti coloro che sono caduti per difendere un’idea pulita ed illuminista del concetto di giustizia. Primo motivo: l’impreparazione e (spesso) l’incapacità. La maggior parte dei magistrati fa il lavoro sbagliato, hanno scelto una carriera per la quale non sono tagliati e non sono capaci di chiudere nulla. In Svizzera, quando studi diritto, ti obbligano a scrivere delle richieste di rinvio a giudizio entro 30 pagine. In 30 pagine puoi dire tutto, se hai le idee chiare. Enzo Piscitelli, che vinceva un processo dopo l’altro, mi disse: “Il mio segreto è di chiedere il rinvio a giudizio solo se ho le prove ed ho capito esattamente cosa sia successo. Se ho il sospetto che dietro ci sia dell’altro, magari peggiore, per intanto chiudo la parte che posso dimostrare ed ottengo di togliere un delinquente dalla circolazione, poi magari mi diletto a cercare di dimostrare la parte apparentemente più eccitante”. Invece moltissimi magistrati riempiono migliaia di pagine di confusione, di taglia e cuci su intercettazioni telefoniche ed ambientali, citazioni da documenti mal capiti, frasi roboanti e moraliste, insinuazioni indimostrabili. Alla fine l’imputato viene assolto perché nessuno capisce di cosa sia stato accusato. Chiunque abbia avuto a che fare con la magistratura penale si è accorto del fatto che la stragrande maggioranza dei magistrati sostituisce alla professionalità un’aggressività animale, un’idea collodiana che tutti siamo colpevoli, e quindi non importa provarlo, siamo noi a dover dimostrare la nostra innocenza. Secondo motivo: la commistione tra motivazioni diverse ed improprie. Il magistrato è un uomo, e quindi ha idee politiche, religiose, culturali. Ebbene, non deve. Nell’esercizio della sua funzione non ha diritto a simpatie o antipatie, deve distinguere il personale dal professionale. Noi leggiamo troppi gialli e ci innamoriamo del Commissario Montalbano scordandoci il fatto che il personaggio di Camilleri deve semplicemente convincere noi spettatori, non una giuria. La verità, perché sia univoca, ha bisogno di tantissima dedizione e neutralità. Ci sono questioni su cui la verità non la sapremo mai, perché ci sono state pressioni politiche, economiche, religiose e militari, perché i magistrati hanno modificato, impiastricciato, mutilato e inquinato le prove – a volte nemmeno per incapacità, ma per pregiudizio. Dato che gli avvocati della difesa, che hanno ovunque (non solo in Italia) margini di manovra immensi, vincono sempre contro magistrati non capacissimi, alcuni magistrati divengono sceriffi o predicatori di setta – e quindi non riescono mai a stabilire la verità. Questa situazione è particolarmente grave nei Paesi del Nord Europa, nei quali la violenza viene socialmente nascosta e protetta, la disuguaglianza sociale ed economica considerata calvinisticamente giusta, la magistratura marcia sempre a senso unico: debole coi forti e forte coi deboli. Terzo motivo: la politica – in Italia meno, ma in maniera crescente – sceglie i magistrati e impone loro comportamenti, scelte e rinunce. In Svizzera, in Germania ed altri Paesi della UE i magistrati vengono nominati direttamente dai partiti. In Svizzera accade spesso che il procuratore che guida l’inchiesta, al momento di preparare il rinvio a giudizio, lasci la magistratura, si faccia eleggere in una assise politica e divenga l’avvocato difensore di colui contro il quale ha indagato. In Italia i magistrati vengono “ammorbiditi” con incarichi politici ed offerte di carriera interne alla magistratura. Il risultato é che, su alcuni casi sensibili, dopo un po’ si vedono magistrati che litigano, se ne dicono di tutti i colori, del caso in se non si capisce più nulla, spesso si arriva alla spettacolarizzazione televisiva ed allora la giustizia viene dimenticata, si condanna o assolve col televoto. E non solo in Italia. Non parlo solo di Antonio Di Pietro e del Sindaco de Magistris, i parlamenti della UE sono pieni di ex magistrati premiati per non aver fatto come si doveva il loro lavoro. Quarto motivo: la crescente complessità dei fenomeni criminali, specie di quelli di criminalità economica, sta di fronte ad un’incapacità totale della giustizia di capire e spiegare gli accadimenti. Ci sono crimini, come l’insider trading, per i quali non viene mai condannato nessuno, perché nessuno li sa spiegare o dimostrare. Delle operazioni illegali sui derivati si può solo ridere per non piangere, le banche fanno come pare loro, senza controllo. Quanto al riciclaggio di denaro sporco, lì siamo spesso al delirio, perché molti magistrati indagano per questo reato prima di aver dimostrato che il denaro di cui si parla sia sporco. La legge non è chiara, tra Paesi diversi della UE ci sono incongruenze (volute) insanabili, basta spostarsi di 100 chilometri per evitare una condanna – ed anche in questo campo l’Italia non è sola nel disastro, si tratta di un sistema generalizzato ed inceppato. Quinto motivo: più passa il tempo, più il postcapitalismo si avvita su se stesso, creando squilibri, disperazione, rabbia, frustrazione, alienazione, più cresce il numero e la varietà di crimini commessi. La magistratura italiana da decenni affoga nell’incapacità di chiudere in tempi accettabili inchieste e processi. Ma la situazione in Portogallo, Spagna, Irlanda, Francia, Belgio, Olanda, Cipro, Ungheria, Romania, Bulgaria non è mica migliore. Il risultato é che i forti se la cavano sempre, i criminali professionali nemmeno li acciuffano (ma ci si scende a patti) ed a pagare sono solo, come ne “Il Processo” di Kafka, solo coloro che sono semplici, indifesi, impreparati, poveri. Si fanno sempre nuove leggi, sempre più controverse e contraddittorie, e si promettono pene sempre più severe. Ma la giustizia, uno dei cinque pilastri della teoria Bismarckiana per giustificare la necessità e l’utilità della creazione degli Stati Nazionali, non esiste più, è impossibile sanare il sistema, e qui non c’entrano né i clandestini, né i ciclisti, né i tifosi del Ravenna. E’ il concetto di Stato Nazionale in se a non avere più senso. Solo se torneremo ad essere, onestamente, espressioni geografiche ed a tornare ad un’organizzazione simile a quella delle polis greche, il cittadino avrà una minima possibilità non tanto di avere giustizia, ma di evitare di essere annientato dalle tante ingiustizie ai suoi danni. Falcone e Borsellino sono morti perché credevano nel contrario. Se volessimo veramente onorarne la memoria, da domani la smetteremmo TUTTI di fare ciò che non devo nemmeno starvi a descrivere. A cominciare dai magistrati incapaci, bizzosi, corrotti, stupidi, protervi o eterodiretti che hanno avvelenato il sistema. A cominciare dai politici di tutte le fazioni che ci speculano sopra con l’allegria di chi gode dell’impunità. A cominciare da me, da te, da noi. E scusate, se potete, l’ennesimo pippone.

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