In tedesco esistono tantissime parole che in italiano (lingua sempre più povera e confusa, purtroppo) non esistono. Ce ne sono due che preferisco, perché afferiscono a due concetti che, nella cultura italiana, non esistono. In Italia, insomma, l’assenza di queste due parole ha creato un buco nella consapevolezza della popolazione. Un buco che è l’inizio della barbarie, come il NULLA di Michael Ende. La prima parola è Aufrichtigkeit, ed è probabilmente la dote più importante di un essere umano. Ciò che i genitori ti chiedono di essere. E che noi italiani raramente sappiamo essere. Aufrichtigkeit è il contrario di ipocrisia. Vuol dire formulare sempre, a voce alta, e con argomentazioni (mai improperi) ciò di cui si è convinti, conservando non la coerenza, ma l’integrità – ovvero ammettendo ogni volta che sia necessario di essersi precedentemente sbagliati. Senza chiedere scusa o perdono, che sono le porte da cui rientra l’ipocrisia. In Germania si può essere orgogliosi di essere diversi, di aver perduto, di non avecela fatta, perché si è sempre tentato. Aufrichtigkeit è la conformità tra pensiero, azione ed atteggiamento pubblico. Se in una società questa parola manca, e non sai nemmeno della sua esistenza, non puoi nemmeno pretenderla, ed apri la porta alle menzogne che, da almeno quasi 200 anni, governano il nostro Paese. La seconda parola è Sich Fremdschämen. Che vuol dire vergognarsi per qualcun altro. Vuol dire osservare il prossimo e, in un turbamento di tenerezza e disgusto, accorgersi che si sta umiliando, e capire che non lo si può impedire. In Italia questo lo si è risolto efficientemente con i social network. Basta avere abbastanza like, o abbastanza fans, e la peggiore delle figuracce diventa spettacolo e smette di essere vita – di modo che dalle peggiori umiliazioni si possa serenamente evitare di imparare qualcosa. Gaber cantava: “io non mi sento italiano, ma per fortuna o sfortuna lo sono”. Sbagliava. Bisognerebbe essere uomini e donne, non italiani. Dopodiché ciascun di noi prova giustamente un senso di appartenenza per qualche colorato gruppo folclorico. Ma oggi più che mai, nel tempo in cui persino persone cui voglio un bene dell’anima non fanno che umiliarsi pubblicamente, rassicuati dai like, e non smettono di crogiolarsi nel tepore di una pigrizia (millantata come serenità), trovando una scusa per ogni sbaglio, che viene eletto ad indirimibile e collabora a distruggere l’intelletto di ciascuno dall’interno dell’anima. In questo tempo, dicevo, la solitudine assume un nuovo tono, come se fossi un marziano caduto sulla Terra e trovassi tutto folle ed inspiegabile. Un colore grave, perché, in questo coacervo, ci sono persone che mi vogliono bene davvero, e sono state travolte dallo tsunami della pigrizia e della paura. Con cui non posso parlare, perché non conoscono quei due concetti. Mi rimproverano la superbia. Non sanno quanto sia bassa la mia stima delle mie conoscenze, di quanto io debba studiare, ogni giorno. Non capiscono che io commetto gli stessi errori, le stesse brutture di tutti. Mi batto solo per riconoscerli ed ammetterli, almeno con me stesso. Oppure, per essere lasciato in pace, uso la cortesia, che può essere un’arma efferata di emarginazone di massa.

Lascia un commento