Carrie Fisher è morta. Il cuore, aveva solo tre anni più di me. Lo so, per voi era la Principessa Leia di Guerre Stellari. Per me è stata la prima ragazza stupenda della mia età che (mi) spiegò in televisione cosa volesse dire essere bipolare e come lei cercasse di contenersi e mantenere la barra dritta in quel casino di euforia e devastazione del suo cuore e della sua anima. Carrie è la prima figlia di Eddie Fisher e Debbie Reynolds. Lui era un cantante svenevole e zuccheroso degli anni 50, che poi scappò con una più giovane. Lei la conoscete tutti: era Kathy Selden, la ragazza di Gene Kelly in “Singing in the Rain”, ed oggi dirige (credo) una scuola di ballo. Chi mi conosce, sa che io di cinema non so NULLA. A parte il neorealismo italiano ed il suo equivalente tedesco orientale. Ma una sera, su RAI2, in una trasmissione di Gianni Minà, c’era una intervista a Carrie Fisher, data in America, in cui spiegava la sua vita affettiva da otto-volante. A parte Harrison Ford ed avventure assurde come con il Mario Merola dell’UNPROFOR, James Blunt, che lei chiamava “il mio paziente”, ebbe una lunga storia con Paul Simon. Mah. Lui non riusciva a tenerla e la torturava con questioni formali. Lei, che come me vive nel mondo dinamico, non sapeva che farsene di un rompipalle simile. Sicché, durante la lavorazione di “The Blues Brothers”, si innamorò (ricambiata) di Dan Aykroyd. I due avevano gli anelli, la data del matrimonio, avevano persino controllato il sangue per verificarne la compatibilità per avere dei figli. Ma lei, per un motivo che nemmeno lei sapeva, telefonò a Paul Simon, montò su un aereo e sposò il cantante, che poi la lasciò per Edie Brickell, una ragazzina di ottime speranze (bellissimo l’album di debutto con i New Bohemians) che da lui si fece raggirare, manipolare e distruggere la carriera. A chi l’intervistava (Gianni Minà aveva solo fatto tradurre l’intervista) Carrie Fisher spiegava che, amando, si sentiva soffocare, e riusciva a calmarsi solo tra le braccia di un deficiente, che poi la angosciava fino ad essere lasciato. E disse che con il tempo non aveva più nessuna certezza sul significato della parola amore, perché (disse) una volta che hai tolto il bisogno, l’erotismo, l’egoismo e la funzionalità (l’amante è uno che è troppo scemo per essere tuo amico ma è bravo a letto e fa quello che gli dici di fare, poi si beve qualunque lite come segno di progresso e parla di futuro, mentre io faccio già fatica a parlare di presente) non rimane più nulla, né la fiducia, né la tenerezza, solo un po’ di intimità al limite del cameratismo. Mi sono innamorato, ma senza speranza, senza pubblicità, senza dolore. Mi sono detto: prima o poi avrò anch’io fortuna ed incontrerò una donna magnifica come lei. Come sapete, Dio punisce i suoi figli ascoltando le loro preghiere. Ne avevo chiesta una, me ne è stata servita una vagonata. Le altre mi opprimono, cercando di farmi diventare qualcosa di “ragionevole”, cercano di farmi capire i vantaggi del mondo formale rispetto al mondo dinamico. Ma io, come Carrie e tante persone che ho amato ed amo con immenso trasporto, fa parte delle cicale. Come me. Per questo non serve piangere, perché è rimasta sé stessa fino alla fine, come farò anch’io, se la banalità non mi coglie di sorpresa, travestita da ragionevolezza. Una cicala. Anche in inverno. Morendo in battaglia, spero, e con un sorriso di sfida sul volto.

Lascia un commento