Ripensando al passato, di notte, spesso mi perdo su youtube a guardare concerti meravigliosi di cui, ai tempi, non sapevo nulla. E mi dispiaccio, perché mi è scappata dalle mani tantissima bellezza. A chi vive oggi viene imposta una fatica immane, ma viene anche data la possibilità di vivere subito certi momenti stupendi. Libri, musica, teatro, cinema, tutto avviene a costi tali da rendere tutto accessibile a tutti – se non andandoci, guardando il filmato. Ma la gioia e la commozione che provo ora non sono minori di quanto sarebbero state allora, anzi. Allora credevo che la musica sarebbe stata per sempre così straordinaria, che sarebbero nati artisti pari a coloro che amavo, che si sarebbe riusciti a fare, con la tecnologia, cose da pazzi. Se ascoltate “Tomorrow never knows”, forse non sapete che Paul McCartney si presentò in studio con una busta piena di pezzettini di nastri che incollò insieme per creare in ore ed ore di certosino lavoro ciò che oggi si realizza in pochi secondi, con il loop. Ascoltando i cori dei Queen, forse non sapete che Freddie Mercury incise quasi cento voci, una alla volta, che poi vennero aggiunte, con una pazienza pari a quella della costruzione delle piramidi, nel tempo in cui oggi un computer fa tutto immediatamente. L’essere umano è stupendo ed inarrivabile, a volte, perché riesce ad immaginare questi suoni che ancora non esistono, e trova stratagemmi incredibili per arrivare a realizzarli, e mostra una dedizione che un computer può emulare, ma mai duplicare. Ascoltare oggi “Cogs in cogs” dal vivo, e sapere quanto a lungo venne provata, mi emoziona. Appartengo a quel mondo. Oggi la tecnologia sta risalendo la china della civiltà dell’arte – e purtroppo, pur essendo tutto a disposizione di tutti, pochissimi vi hanno accesso. Se continua così, se vivo troppo a lungo, la sera converserò con un computer di nuovissima generazione, che sarà uno dei pochissimi che, come me, si commuoverà ascoltando “Se stasera sono qui”, sapendo la storia di quella canzone e sapendo che quella ragazza, di cui per fortuna non sapremo mai il nome, la ascoltò, come tutti, quando Luigi già non c’era più. Pensate che sia malinconico? Mah… Quest’anno è stato durissimo, davvero durissimo. Per tutti. E tra 72 ore sono 13 anni che Giorgio se ne è andato. Io sarò all’alba in Versilia, sulla sua spiaggia, come ho già fatto, se la salute mi sorregge. Una coperta ed un thermos di thè. Da solo. In silenzio. Ma insieme a tutti coloro che, come me, senza di lui, non sono più gli stessi.

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