Lo ha scritto Marco Chilosi e lo trovo perfetto, sicché lo condivido: “SI VIS PACEM PARA BELLUM – La contrarietà alla guerra è sacrosanta, ma spesso dietro questa si cela la strategia di chi cerca di annullare la difesa degli illusi, per affermare la propria supremazia. Per i prepotenti, i nazi, i Da’ esh, e compagnia bella necessitano drastiche misure. Le candide affermazioni pacifistiche decontestualizzate e pseudo-natalizie rendono solo più forti gli uomini bestia (che peraltro sono i primi a cominciare le ostilità) sempre. Ampliando il discorso, la odierna campagna di discussione sulla “laicità” che porta alla sterilizzazione dei simboli del Cristianesimo (Crocefissi, presepi ed altro) dalle nostre scuole, per “rispetto degli “altri”, ha suscitato in me, agnostico da molto tempo, uno spontaneo senso di allarme. Rimuginando le fonti del dissenso interno ho cercato di razionalizzare la problematica: il messaggio Cristiano per me, e penso per molti, non ha più o semplicemente un significato “religioso”, ma una valenza etica e filosofica. Il “Verbo” Cristiano è impregnato di “buonismo” (in senso positivo), porgere l’altra guancia, amare il prossimo come se stessi, etc, etc. Tutte affermazioni rivoluzionarie (pensate ai livelli di violenza al tempo di Roma) che hanno contribuito, nel progredire della storia, alla attuale concezione del vivere sociale europeo, che discosta nettamente la nostra etica e la nostra società, da quella, per esempio, Islamica (pena di morte in Arabia Saudita per omosessualità, blasfemia, adulterio). E’ vero che lo sfruttamento della donna, la corruzione, la prevaricazione sono ancora presenti nel nostro paese, è vero che la chiesa ha peccato di Inquisizione, di Borgia, di pedofilia, etc, ma il “Verbo” è sempre lì, presente ed attuale. E permette ad un Papa, come Francesco, di tornare al parlare “vergine” del bene e della pace. E’ altrettanto potente ed etica l’alternativa di altre religioni? Le scritture arcaiche dell’ebraismo e del Corano probabilmente no. Per questo, da agnostico, difendo il Crocefisso nelle scuole, i presepi, lo zucchero filato e le sagre di paese, le processioni e tutto il simbolismo che vede nel messaggio del Vangelo l’unica speranza di sopravvivenza di una specie animale, la nostra, che può sopravvivere solamente se rinuncia alla ferina tendenza alla sopraffazione, all’inimicizia e alla violenza. Per questo disapprovo l’attuale, ipocrita, falsa alleanza, dei vetero-anticlericali con gli integralisti del Da’ esh. Nascondendosi dietro la buonista concezione del “disagio” dei non-Cristiani pretenderebbero di sterilizzare la nostra società dei simboli (e dei principi) di questa filosofia ed acquisizione di civiltà (non religione). Ormai come religiosità la nostra società è ormai quasi completamente, e fortunatamente, esente. Il clero, infatti, lamenta la perdita di presa sulla maggior parte delle persone. La frequentazione dei culti è ai minimi, le Chiese sono vuote. Ma questo, per me, è un bene. Il culto è stato sostituito dalla integrazione del “Verbo” nell’etica generale. L’emancipazione femminile, la democrazia, la gentilezza e l’amore, sono percepite come naturali nella maggior parte delle persone, ovviamente con i limiti e le eccezioni. Il Beccaria e la negazione della pena di morte, almeno in Europa,sono concetti interiorizzati e per ora, irreversibili. E sono tutti riconducibili all’evoluzione del pensiero e della prassi di generazioni, conquiste di secoli di violenze di guerre, di sofferenze che non possono essere “svendute”. Considerare il “Crocefisso” o il presepe come simboli religiosi è per me un errore. Sono simboli di civiltà irrinunciabili: morire per il riscatto degli altri è diverso da uccidere in nome di un dio crudele, perdonare ed amare è diverso dall’opprimere in nome di un credo escludente e dividente. Anche se Dio “non esiste”, questo messaggio mi piace, mi convince, e lo difendo”.

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