Dice che bisogna diffidare dei sentimenti e di certe sensazioni. Dice che non è più l’autunno del 1994, quando – facendo l’autostop da Parma a Vienna – venni raccattato dal Ford Transit di Carsten Rose e Steffen Müller e finii a fare il contadino in Germania Est, poi a lavorare a Radio F.R.E.I. e ad organizzare concerti a Erfurt. Parlo di quegli anni ruggenti in cui (con tutta una Comune) investigammo sui delitti finanziari nascosti dietro la Riunificazione, facemmo una band folle che girò per anni la Germania e la Svizzera, nacque la vita con Kerstin Köhler, scappai dall’Ospedale (calcoli renali) perché arrivava il bus dei Motorpsycho dalla Norvegia e volevo esserci per abbracciarli. Una vita intera. Dice che fu un caso fortunato, che però ora sono vecchio, che la vita non ritorna. Che dovrei fare attenzione alla salute e smettere di credermi un cavallo. Dice che il confine tra l’allegro ed il ridicolo sia sottile ma pericoloso. Dice che persone meravigliose come Beatrice Damiani, Michele Fasolato, Anna Mercogliano, Agata Savino, Riccardo Brunino, Riccardo Checucinadaddio, sono solo giovani romantici che si faranno del male. Dice che io, con loro, farò solo casino e poi mi sentirò male e non riuscirò a fare le cose semplici e importanti della mia vita vera – quella del lavoro, della cura della mia salute, vivere la mia nonnevolezza. Dice, ma non sa. Non sa che oggi Anna mi ha portaato in una terra di fate in cui i villaggi si chiamano Teolo, Tbrontolo, Tpisolo e Tmammolo insieme a Bea ed un gruppo di idrovore di Pisa, un mare di simpatia e di fame atavica (Venus in Furs). Non sa che, proprio in queste ore, insieme facciamo progetti per trasformare la follia in ordine reale. Non sa che stanotte ero in sala a sentire i Novamerica (VIDEO YOUTUBE) e sognavo. Sognavo e mi innamoravo, ricordando gli anni intensi di Yuppie Flu (Gabbo mio Gabbo, dove sei?) con questa band un po’ Radiohead, un po’ Toys Orchestra, tanto Flaming Lips – in ogni caso stupenda. Non sa che siamo già stati qui, poco tempo fa, con Michela Cohen, Emanuele Cannatella ed i Lupi della Maremma, ed abbiamo costruito uno spettacolo in 36 ore con Lorenzo Cardo, Vanessa Frison, Laura Tregnaghi, Aron Massarutto e Maria Anolfo. Non sa nulla di noi che cantavamo a squarciagola “Mi dai fastidio”. Non sa che io sia in grado di innamorarmi di un progetto grandioso e leggero come il Khorakhane di Abano, ma senza offrirmi olocausticamente (non serve, loro sono già più avanti…). Non sa che nel frattempo ho imparato a giocare, ma senza far male né a me né agli altri. Che non ho bisogno di stare davanti, ma posso stare anche indietro, seduto ad ascoltare. Non sa che le strade (le sliding doors) sono milioni, ma che non devo sceglierne necessariamente una sola, che da sempre ho imparato a vivere in bilico. Non sa che per due giorni sono stato felice. Non lo sa, ed è un suo diritto. Oppure lo sa, lo sa eccome – ed ha paura. Paura di tanto, di tutto. Ma gliel’ho sempre detto: salta! Salta dall’orlo del tetto, prima che i tuoi anni lo facciano per te. Vola. Prendi la rincorsa e gettati incontro allo spavento, nel vortice di energia. Vivi. Bea, Anna e gli altri hanno paura, ma sono saltati. Non faremo cose trascendentali, ma piccole “immaginazioni”. Siamo reali, chiediamo l’impossibile. Ma io qui sono vivo. Ditelo a tutti. Ho bisogno di vita, Baps. Sono pronto, si riparte, mettiamoci l’elmetto.

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