La pigrizia è peggio della menzogna, anche perché la prima è la vera causa della seconda. Viviamo in un secolo in cui la pigrizia è considerata distinzione sociale e segno di superiorità. Facciamo finta di avere fame, ma in realtà siamo annoiati dalla nostra ignoranza (non ci viene in mente nulla da fare), spaventati dalla nostra ignoranza (non capiamo cosa succede veramente), siamo annoiati dalla nostra paura (che ci ha travolto e trasformati in cani rabbiosi), e ci annoia qualunque sforzo: non ci è stato insegnato ad imparare, non ci è stato insegnato a realizzare un sogno, forse nemmeno ad averlo. L’unico obiettivo è avere una fonte sicura di reddito, e coloro che consumeranno per tutta la vita il patrimonio dei genitori, non hanno neanche questo. Sono divorati dalla pigrizia, considerano stress un carico di lavoro che un essere umano normale di 100 anni fa avrebbe considerato “dolce far niente”. Noi abbiamo realizzato il piano di Rugantino, “nientissimo da fà e romper gli stivali a tutta quanta la città”. Perché siamo diventati arroganti, ci sentiamo superiori non in base a ciò che abbiamo fatto (non abbiamo fatto nulla), ma per nascita. Ci siamo autonominati “razza eletta” e consideriamo vermi coloro che non condividono la nostra opinione e ci invidiano – anche perché, secondo noi, nella nostra pigrizia ed ignoranza, se non stanno come noi sono cazzi loro e vuol dire che non sono stati capaci, che sono inferiori. Il nostro non valere nulla, non sapere nulla, non far nulla, diventa un simbolo di un’aristocrazia decadente che coltiva solo la paura (giustificatissima) di perdere i propri privilegi. Non vogliamo giustizia, vogliamo che qualcuno difenda senza disturbarci il nostro dolce far niente, mentre noi beviamo vino costoso, ascoltiamo musica banale, fingiamo storie d’amore, caghiamo saggezza sui social network. Ma non ne faccio una questione di moralismo. Ne faccio una questione di sopravvivenza della specie, ma mi accorgo che la sopravvivenza mia e dei miei simili non vale nulla, darwinisticamente parlando. La mia malattia mi ha reso pigro come gli altri, e questo è ciò che odio di più: essere confuso con la teppaglia che finge di discutere di immigrazione, di economia, di giustizia, di scienza, di sanità, ed in realtà non fa che cercare di cercare approvazione altrui al non far nulla, non capire nulla, non cercare alcuna soluzione. Vedete. Io sono confrontato ogni giorno con i miei limiti caratteriali (sono debole e non riesco a gestirmi), con i miei limiti intellettuali (cerco disperatamente di imparare cose che, per me, sono troppo complicate), con i miei limiti fisici (non ho più che un’oncia dell’energia che avevo ancora dieci anni fa), con i miei limiti dialettici (devo esercitarmi di più), e con la mia invereconda ignoranza, di cui mi vergogno. Ma almeno so cosa dovrei fare, non voglio essere confuso con gli altri pigri, che sono contenti così, e si lamentano perché nessuno li aiuta ad implementare la loro pigrizia ed il loro bisogno di sicurezze.

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