La fine del PCI coincise, agli inizi degli anni ’90, con la fine di un qualsiasi progetto di sinistra, non solo in Italia. Terminato l’incubo sovietico, fatto l’accordo tra bolscevichi e liberisti sulla vergognosa spartizione del ComEcon, cancellate le indipendenze fittizie nei Paesi in via di sviluppo (che da allora si avviluppano), la sinistra si è scoperta borghese ed individualista, lontana dalla lotta di classe quanto Francesco Totti dalla Lazio, senza nessun progetto, ma con la paura di aver perso la libertà dell’irresponsabilità, dovuta al fatto che, oramai, al governo ci si doveva andare per forza. Sicché venne scelto un democristiano liberista e di destra, Romano Prodi, per guidare i resti di un PCI senza più giustificazione storica e politica. La conseguenza è stata che il terzo ed il quarto stato hanno ripreso a votare destra estrema, come fecero tra il 1919 ad il 1936, abbagliati dalla propaganda che li blandiva con slogan apparentemente egalitari, ma in realtà individualisti, inneggianti alla spregiudicatezza e ad un finto darwinismo sociale. Oggi siamo arrivati al punto in cui la destra si trova nell’esatta situazione della sinistra nel 1994. I leader dell’estremismo reazionario, da Matteo Renzi a Silvio Berlusconi, dalla trimurti Grillina a Salvini, mancano completamente di un progetto costruttivo credibile, e si limitano a fare a gara a chi insulta più forte. In questo quadro Giorgia Meloni (una sorta di Paola Taverna dei quartieri fighi) è riuscita nell’operazione di apparire più credibile di tutti gli altri esponenti della reazione, Raggi esclusa. Ma ciò che non sfugge a nessuno è la mancanza di un progetto, di una linea guida, di un’utopia. Senza la destra, una destra pensante e propositiva, la democrazia non è compiuta. Una destra moderna che prenda dall’esperienza pre-bellica una critica all’arretratezza industriale di prima dell’IRI (e quindi una destra statalista), che prenda dall’esperienza degli ultimi anni la percezione di come le bolle finanziarie distruggano le economie e gli Stati Nazionali – e quindi le società che la destra classica intendeva tutelare, che rinnovi la dottrina Bismarck alla luce dei mutamenti profondi intervenuti negli ultimi 200 anni. Il risultato positivo della Meloni è inficiato dal trionfo della Raggi, ma anche dal fatto che non si sa chi, con quali quadri politici e quali politici ispirati, farà opposizione. Non basta dire che non appoggeranno Raggi né Giachetti. Se non si muovono, tutto lo spazio disponibile a destra lo divideranno Renzi ed i Grillini. Quanto alla giovane possibile Sindaco di Roma, ora che l’ho sentita parlare mi fa meno paura. Ha l’intelligenza di Ignazio Marino, la presenza di Valeria Marini, e promette vino eterno come le fontane di Marino di petroliniana memoria. La prassi quotidiana la asfalterà. Ma la democrazia è questo: se vince (ed a questo punto è davvero possibile) allora è giusto che provi, anche se a sovranità limitata, perché gli assetati di potere come Taverna, Di Maio e Di Battista cercheranno di fare ciascuno il Sindaco al posto della ragazzina. Quando lei cadrà, se la destra e la sinistra non avranno trovato un progetto vero e credibile, allora giungerà inesorabile il renzismo. Ciò che Michael Ende aveva giustamente chiamato “il Nulla”. Post Scriptum – Dalle reazioni, soprattutto a livello privato, che ho ricevuto, evinco che il post sia troppo apodittico. Credere nella democrazia non significa essere tifoso di un partito o di uno schieramento, ma essere convinti della dialettica tra poli chiari e propositivi. Nella mia vita ho votato Democrazia Proletaria, poi Nuova Sinistra Unita, poi PRI, e dopo il crollo ho votato Partito Radicale, Rifondazione Comunista, Ulivo, poi ho smesso. Ho smesso perché la dialettica era finita. Molto prima del Renzismo, l’indistinguibilità tra i partiti, divenuti meri distributori di praebende, mi aveva fatto capire che nessuno cercasse di risolvere il problema, ma tutti volessero spartire le briciole prima che se le portasse via il vento. Non ho votato Giorgia Meloni, ma Riccardo Magi, che conosco e stimo, e non voterò al ballottaggio, perché sia Raggi che Giachetti mi fanno orrore. Sono di destra? Sono di sinistra? Dico solo che Renzi sta tentando di unificare la maggioranza silenziosa degli italiani su posizioni estremamente reazionarie e neoliberiste (basti vedere la nomina di un fan del TTIP, come Calenda, e la sterzata del governo in quella direzione suicida), e che la sua unica opposizione è il folle dilettantismo bracalone dei Grillini. Il Grillismo, a mio parere, è quanto di più simile al fascismo l’Italia abbia mai avuto dal 1922 in poi, anche se ideologicamente si avvicina per alcuni versi molto più al populismo del primo nazionalsocialismo: ai tempi in cui il nemico, invece degli Ebrei, erano la plutocrazia e la “Casta”, come descritto da Hitler & Co. prima della Guerra. In questa situazione, ve lo dico, rivoglio il PCI e la DC, che erano partiti di persone serie, di cui non sono mai stato convinto (credo tuttora che Ugo La Malfa sia stato l’unico a vedere una soluzione VERA per l’Italia), ma con cui almeno era possibile confrontarsi…

Lascia un commento