– I tre sindacati tradizionali hanno finalmente trovato un accordo per uno sciopero congiunto. Al contempo migliaia di cittadini infuriati scrivo messaggi di insulti sulla pagina Facebook di Pierluigi Bersani, mentre Silvio Berlusconi, quasi in silenzio, gode. Quindi, invece di seguire il battibecco isterico in Parlamento e cercare di restare sveglio di fronte alle esternazioni da mogio democristiano di Monti, cerco di capire cosa stia accadendo dietro le quinte, in quella che mi pare la vera battaglia: la corsa ad accaparrarsi le fette rimaste dell’industria produttiva italiana. Finmeccanica diventerà francese? La FIAT americana? Due soluzioni possibili, ma sicuramente la produzione verrà spostata al di fuori dei nostri confini. Questo comporterà prima o poi un cambiamento da salutare positivamente: il cittadino italiano vuole il posto di lavoro, fisso e sicuro, sotto casa. Non é disposto a cambiare quartiere, si licenzia se l’azienda cambia città. Fuori dall’Italia la gente, soprattutto i manager, traslocano di nazione in nazione quando questo si rende necessario. I sindacati e Bersani hanno quindi perso l’appoggio dei tradizionalisti che non accetteranno mai questo cambiamento e preferiranno lasciarsi morire di fame, non otterranno mai l’appoggio di chi é pronto a vivere nel mondo contemporaneo, invece che in quello dei sogni viziati. Ai primi viene offerto solo un contentino: possono odiare i secondi, accusati anche dal governo Monti di essere i veri affamatori del popolo, evasori fiscali dei mille euri. Dopo aver sdoganato tanti altri sentimenti negativi, a politica dell’era Berlusconi ora sdogana l’invidia e la rende accettabile, sdogana la delazione e la rende benvoluta, sfruttando quindi l’onda lunga partita dagli errori politici di “Mani Pulite” che, iniziata per moralizzare la politica, ha prodotto Silvio Berlusconi. Non sto qui a dire che gli evasori fiscali siano brave persone. Non credo assolutamente che il mercato si autoregoli e bisogni lasciarlo fare. Dico solo che stiamo pagando il prezzo di non avere, da un quarto di secolo, un benché minuscolo partito di sinistra con una benché minima idea sul futuro, invece delle nostalgie del passato e l’isteria pudica sulla sessualità. Bisogna porsi delle domande centrali e rispondere con l’aiuto del Sovrano, del popolo: hanno ancora ragione di esistere gli Stati Nazionali? Non è piuttosto vero che stiamo tornando giocoforza ad un’Europa dei Comuni, intesi come aree potenzialmente a chilometro zero – intendo dire aree di influenza produttiva? Siamo d’accordo con questo sviluppo? Possiamo parteciparvi? Possiamo frenarlo? Come, qualunque cosa decidiamo? Ragionate un attimo: chiediamo ancora, come nell’800, di portare la produzione là dove non esistono infrastrutture. Dopo un secolo di sovvenzioni, lo Stato non può più incoraggiare con miliardi di esborsi. La popolazione locale non é riuscita a completare le infrastrutture, ergo: è la fine. Ci sono in Italia, a parte Milano, aree produttive? Genova é morta, Roma e Firanze non sono mai nate, Bologna sta soffocando nella decadenza da decenni, Venezia, Bari e Trieste sono morte come tutto l’Adriatico: Palermo e Taranto non sono riuscite a decollare. La gente viene a visitarci come uno zoo, noi sporchiamo la gabbia perché siamo offesi. Ci riteniamo piuttosto concorrenti della Germania. Io, quindi, alle manifestazioni sindacali non ci vado, perché mi viene da piangere al solo pensare a quanto siamo scemi, disperati, drogati dalla desemantizzazione, annichiliti dalla mancata comprensione e dalla nostra naturale pigrizia mentale…

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