– Leggendo “La Repubblica” di stamani ho notato due lanci in prima pagina, uno a firma di Marino Niola, l’altro di Stefano Rodotà. Nel primo caso si tratta di una moda lanciata da un atleta, che aveva proposto di far sponsorizzare i propri avambracci, lasciandosi fare un tatuaggio con il simbolo di un’azienda. Ora c’è una nota azienda di cosmetica che offre uno sconto significativo, per sempre e su tutti i prodotti per chi si lascia fare dei tatuaggi pubblicitari indelebili sul corpo. Così da domani, avendo un rapporto sessuale con la signora X, potrai riconoscere il suo profumo dal cartellone pubblicitario impresso sulla sua schiena o sui suoi glutei. Rodotà invece pone l’accento in modo filosofico sui cosidetti “bond della morte”, che altro non sono se non degli strumenti derivati proposti da alcune aziende americane che scommettono, prendendo a campione un gruppo omogeneo di pensionati, in media a quale età questi moriranno. La banca scommette che vivranno a lungo, l’investitore (noi) che muoiano il più presto possibile. Tralascio tutte le questioni di ordine morale ovvie e che non vale la pena di discutere, perché a parte i cretini irrecuperabili che vedono la realtà attraverso i reality TV, sulla mostruosità di entrambe le iniziative saremmo tutti d’accordo, come anche sulla considerazione del fatto che la mercificazione del corpo umano compie in questo modo alcuni rilevanti passi in avanti. Non è davvero più lontano il momento in cui, come previsto dal nazionalsocialismo, useremo saponette umane, o come temevano alcuni catastrofisti della fantascienza, i cadaveri verranno usati per nutrire i vivi ed i pensionati verranno spinti ad immolarsi al più presto per rafforzare le nuove generazioni – il che per fortuna non vuole ancora dire che questa deriva sia inarrestabile. Ciò che mi preme sono due considerazioni. la prima è che queste iniziative funzionano perché la gente le accoglie (segretamente) con favore. La sessualizzazione e la mercificazione del corpo non sono solo questioni di morale più o meno bacchettona, ma sono movimenti fondamentali nella percezione che l’individuo ha di se stesso. Non si tratta di accettare o meno la violenza sugli altri, che è patrimonio della morale, ma quello di accettare e godere della violenza sistematica contro se stessi, che è una questione sociologica e profondamente legata allo stato delle nostre anime. Credo che siamo tutti talmente così stanchi e svuotati che preferiamo essere sterminati da una lotteria casuale (rileggetevi il racconto sulla lotteria nelle “Finzioni” di Borges!!!) piuttosto che andare avanti fino alla fine. Ciò cui stiamo assistendo è la morte della speranza. Abbiamo passato secoli a dare del pessimista a Giacomo Leopardi (che non lo era, leggete per favore con attenzione le sue poesi e le Operette Morali!!!) ed ora scopriamo che il nostro disfattismo, figlio dall’annientamento sistematico e progressivo dell’illusione di democrazia borghese, pacifismo e welfare che ci venne fatta 65 anni fa, ci porta non al suicidio, ma al lasciarci morire in un’ultima botta di disperata ed allucinata allegria (“L’ultima spiaggia”, Nevil Shute), all’abbandonare ogni responsabilità di fronte a noi stessi nel risolvere le nostre dinamiche autodistruttive e schizofreniche. Non vogliamo più essere responsabili per nessuno, né per i figli, né per i genitori, ma nemmeno per noi. Stiamo consumando l’ultimo tradimento contro la natura, infrangendo la legge che dice che una razza animale lotta sempre per il perpetuamento della specie. Noi no. Noi non più. Anzi

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