Quello che sta accadendo intorno a Cesare Battisti mi sconvolge. I ghigni dei giornalisti di regime, il compiacimento per la repressione di un altro essere umano, il gongolio che li fa sentire parte dei vincitori, l’arroganza becera di chi non ha nemmeno le mani salvinolente di sangue, ma che orgasma mentalmente pensando di appartenere ad un regime vincente, sono cose che mi fanno orrore, specie nel giorno in cui a Gdansk un sindaco, oppositore degli amici dei Leghisti italiani, è stato accoltellato a morte su un palco, davanti a migliaia di persone, senza che la Polizia intervenisse. Bisogna restare calmi. Se avessimo vent’anni ci sarebbe da scendere in strada, la rabbia in spalla, pronti a spaccare le facce di chi sappiamo. Ma non si deve, non è giusto, non ha senso, faremmo solo il gioco di questo nuovo regime di quaqquaraqquà, che vanno a Ciampino a fare i pavoni e non hanno nemmeno il coraggio di guardare Battisti negli occhi. Dobbiamo stare calmi. Salvini ed i suoi cani da muta, Alessandro Morelli in testa, ripetono come un mantra “assassino comunista”, con l’accento sulla seconda parola. Questa bugia infamante è il segno del fatto che la gente non sa di cosa parla. “Qualcuino era comunista, perché chi era contro, era comunista”, dice Gaber. Io non ero comunista, votavo Repubblicano, ma avevo un grande rispetto per il PCI ed i suoi militanti, specie quelli che conoscevo personalmente. Le BR non c’entrano nulla con il PCI. E lo dico essendo stato amico d’infanzia e di adolescenza di persone che hanno scelto la latitanza e, poi, la prigione. Ma se oggi gli stupidi, i rabbiosi, gli invidiosi, i pigri, i semplificoni, i violenti, gli antidemocratici, i leghisti, i grillini, ottengono il diritto di usare la parola comunista come insulto per chi è diverso da loro – allora, porco demonio, sono comunista, comunista, mille volte comunista. Mi fate orrore, siete la negazione della gioia, della vita, dell’efficienza, dell’intelligenza, della cultura. Il cinismo uccide le anime. Da quasi un anno stiamo morendo, tutti, di crepacuore, e non si sa più cosa fare.

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