IL LIBRO

COMUNICATO STAMPA

L’ironia non salverà la Terra, locandina libroma certamente ci aiuterà a decifrarla. Per raccontare una delle sue molte rinascite Paolo Fusi sceglie un registro comico, surreale, lieve quanto basta per una trama che coincide con la vita vissuta come avventura, malgrado i rovesci della sorte. Cronache di Buru Buru è il diario tra reale e immaginifico di un mese trascorso nella clinica più esclusiva d’Italia, alla ricerca del corpo perduto dentro infinite cicatrici dell’anima. Con scrittura brillante e caustica Fusi ci narra il “dietro le quinte” di un percorso di reclusione volontaria, che per lui come per chiunque abbia affidato al cibo ogni speranza di rassicurazione non è un ghiribizzo, bensì un’ultima spiaggia.
Nella spa sammarinese il tempo trascorre tra panini con bulloni Dalmine, salse da alambicco di perfida strega, nuvole di nulla condite con spezie inconoscibili, e trattamenti che obbligano l’ospite ad ammainare ogni pudore o amor proprio: nasiluvi nauseabondi e viscidi pediluvi, elettrodi e massaggi all’arma bianca, lavacri apocalittici e macchine sperimentali capaci di materializzare i peggiori terrori da medicalizzazione possibili. Ma si subisce, perché la posta in gioco è alta: il se stesso nascosto sotto le pieghe di un grasso apotropaico, lo stop a un’apparentemente quieta autodistruzione, la ribellione contro una dipendenza schiacciante.
Capitolo dopo capitolo la clinica della salute diventa l’arena del gladiatore, un saggio di ciò che fu la Buru Buru indonesiana del feroce Suharto, lo Spielberg del Monte Titano: un’ordalia da affrontare al grido di “adesso o mai più”, oscillando tra rassegnazione e pulsioni di fuga.
Per fortuna ci sono gli amici che nel mondo di fuori leggono i brani del diario pubblicati su Facebook; e ci sono la musica, i libri, il teatro da poco scoperto come autentico posto nel mondo. Last but not least, la curiosità del prigioniero Fusi si alimenta di un variopinto bestiario umano di personaggi celebri e non, tutti accomunati dalla caducità che li ha condotti nel lussuoso reclusorio: complottisti e tangentari, sgallettati e sgallettate, vecchi malmostosi e arcigni o giovani volutamente scervellati, perché nulla come la comprensione espone a emozioni indomabili. Complice il digiuno e i terribili trattamenti, la mente vaga in un sempre latente cortocircuito tra reale e fantastico: finché tra gli ospiti c’è Fusi in giro la clinica potrebbe diventare il covo di un delirante partito politico che mira a rispolverare le radici croate della Repubblica di San Marino, o addirittura la rampa di lancio per un viaggio intergalattico alla volta del pianeta Terango accanto al mitico Luc Orient, eroe di un cartoon belga pubblicato negli anni Sessanta dal Corriere dei Piccoli.
Cronache di Buru Buru piacerà immensamente a chi nella vita ha cambiato più volte corporatura senza mai dominare le metamorfosi e a chi crede che l’imperfezione appartenga a tutti quanto il diritto alla felicità. E darà sicuramente sollievo a chi è esausto dei diktat di una società lipofobica, così come dell’ormai onnipresente retorica su cibo & cucina, veicolata da programmi che pullulano di cuochi improvvisati o brutali e da ricette mediocri.
Con Cronache di Buru Buru (dal quale è già stato tratto anche uno spettacolo teatrale, in tour dal 28 marzo 2015) Fusi scaglia una sassata pesante contro l’omologazione della bellezza esteriore e della bruttezza interiore, regalandoci un’amplificazione iperbolica delle geniali polpettine fantozziane, da azzannare consapevolmente come metafora del vivere.

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