La crisi del movimento
“Venderò” (Edoardo Bennato) – 1976
Con “Sono solo canzonette”, ma prima ancora con “Feste di piazza”, Edoardo Bennato aveva denunciato l’omologazione tutt’altro che rivoluzionaria della sinistra italiana. Peccato, dato che lui ha costruito la sua carriera sui Festival dell’Unità, ed una volta deciso di cambiare i suoi testi, è divenuto una brutta copia pacchiana e volgare di Gigi D’Alessio. Ma allora i suoi strali fecero male, e segnarono una cesura tra la cultura propria delle feste popolari organizzate dal PCI o da vari altri gruppi extraparlamentari, e la nascita dei Centro Sociali, riserve indiane di un movimento in estinzione, oramai morto nelle strade di tutti, in cui il sangue degli attentati aveva spaventato a morte la gente, e lo choc petrolifero e le prime avvisaglie di recessione post-industriale avevano terrorizzato tutti, convincendo ciascuno che la cosa fondamentale fosse non salvare il mondo, ma sé stessi. Salvarsi vendendo ciò che si ha – ovvero sé stessi, ciò che si sa fare, o la propria libertà, lasciandosi seppellire in un “lavoro sicuro” che, invece di creare plusvalore, lo distrugga burocraticamente. L’egoismo si coniuga in modo stupefacente con il disprezzo di sé stessi, e con la pigrizia e la paura, che sono le due forze che, ancora più del sesso e dei soldi, dominano il mondo e la vita umana. “Venderò” è una canzone di Eugenio Bennato, il fratello di Edoardo, e che era il fondatore e leader della Nuova Compagnia di Canto Popolare, e che descrive bene la sensazione che pervadeva la gioventù alla fine degli anni 70, quando ci si accorse che nel resto del mondo occidentale il futuro professionale era un progetto aperto, mentre in Italia restava un incubo da risolvere. Non in modo orribile e disperato come ora, ma già a quei tempi, senza gli appoggi “giusti”, sognare era proibito.
“Venderò”
Venderò le mie scarpe nuove ad un vecchio manichino
per vedere se si muove, se sta fermo o se mi segue nel cammino
Venderò il mio diploma ai maestri del progresso
per costruire un nuovo automa che dia a loro più ricchezza e a me il successo
Ai signori mercanti d’arte venderò la mia pazzia
mi terranno un po’ in disparte, chi è normale non ha molta fantasia
Raffaele è contento, non ha fatto il soldato
ma ha girato e conosce la gente
e mi dice: stai attento, che resti fuori dal gioco
se non hai niente da offrire al mercato
Venderò la mia sconfitta a chi ha bisogno di sentirsi forte
e come un quadro che sta in soffitta gli parlerò della mia cattiva sorte
Raffaele è contento, non si è mai laureato
ma ha studiato e guarisce la gente
e mi dice: stai attento che ti fanno fuori dal gioco
se non hai niente da offrire al mercato
Venderò la mia rabbia a tutta quella brava gente
che vorrebbe vedermi in gabbia e forse allora mi troverebbe divertente.
Ogni cosa ha un suo prezzo ma nessuno saprà quanto costa la mia libertà
(Eugenio Bennato, Edoardo Bennato)