La grande delusione
“Quando è moda è moda” (Giorgio Gaber) – 1978
Ricordo che uscivamo dalle assemblee, interminabili circhi equestri di smania di protagonismo, di pressappochismo, di narcisismo, di adolescenzialità. Ricordo che ero insoddisfatto, che avevo l’impressione netta di aver perso del tempo in un rito, in una procedura burocratica, fredda e crudele. Ricordo di aver ascoltato Ugo La Malfa e Luciano Lama discutere all’Università e di aver avuto l’impressione che parlassero di cose di cui non sapevo nulla con una profondità ed una conoscenza che invidiavo – e soprattutto con una libertà di espressione che non conoscevo. La Malfa parlò di “religione del dubbio”, che deve ispirare ogni azione umana, mentre io, nei collettivi, vedevo esattamente l’opposto. Lama parlava di pragmatismo, mentre nei circoli di estrema sinistra regnava un’estetica irrimediabile e spesso incomprensibile che schiacciava ogni libero pensiero ed impediva qualunque soluzione ai problemi. E poi arrivò Gaber e mi spiegò in sei minuti cosa ci fosse che non andava. Eravamo solo polli che starnazzavano, polli in batteria, stupidi e ciechi, che passavano il tempo a beccare schifezze con gli occhi a terra, mentre il cielo ci sovrastava senza prenderci sul serio. Dimostrare, disse Luciano Lama, non vuol dire sfilare in coorti caotiche sparando cazzate e picchiando auto in sosta e poliziotti rimasti soli dal branco. Dimostrare significa far vedere che esiste una soluzione, provarne l’efficacia, argomentarne la validità – esattamente il contrario di ciò facevamo noi, correndo come cavalli selvaggi per le strade in cerca di sangue ed amore. Giorgio Gaber, in “Polli d’allevamento”, canta della delusione, del fallimento di una generazione, la nostra, la mia. Canta con rabbia e solitudine, con un disincanto che è al contempo poetico e sarcastico, con una malinconia che sarà quella di noi tutti, quando finalmente capimmo, e la smettemmo. Stupidi e pigri, invece di cambiare i contenuti, decidemmo di restare a casa e non fare più nulla – nel migliore dei casi, quando non diventammo squali di un mondo antisociale, gretto e mercantile, che dominerà per quasi un ventennio.
“Quando è moda è moda”
Mi ricordo la mia meraviglia e forse l’allegria
di guardare a quei pochi che rifiutavano tutto
mi ricordo certi atteggiamenti e certe facce giuste
che si univano come un’ondata che rifiuta e che resiste
Ora il mondo è pieno di queste facce, è veramente troppo pieno
e questo scambio di emozioni, di barbe di baffi e di chimoni non fa più male a nessuno.
Quando è moda è moda quando è moda è moda
quando è moda è moda quando è moda è moda
Non so cos’è successo a queste facce a questa gente
se sia solo un fatto estetico o qualche cosa di più importante
Se sia un mio ripensamento o la mia mancanza di entusiasmo
ma mi sembrano già facce da rotocalchi o da ente del Turismo.
Quando è moda è moda quando è moda è moda
quando è moda è moda quando è moda è moda
E visti alla distanza non siete poi tanto diversi
dai piccolo borghesi che offrono champagne e fanno i generosi
Che sanno divertirsi e fanno la fortuna e la vergogna
dei litorali più sperduti e delle grandi spiagge della Sardegna.
Quando è moda è moda quando è moda è moda
E anche se è diverso il vostro grado di coscienza
quando è moda è moda non c’è nessuna differenza
Tra quella del playboy più sorpassato e più reazionario
a quella sublimata di fare una comune o un consultorio.
Quando è moda è moda quando è moda è moda
quando è moda è moda quando è moda è moda
Io per me se ci avessi la forza e l’arroganza
direi che sono diverso e quasi certamente solo
Direi che non riesco a sopportare le vecchie assurde istituzioni
e le vostre manie creative le vostre innovazioni.
Io sono diverso, io cambio poco, cambio molto lentamente
non riesco a digerire i corsi accelerati da Lenin all’Oriente
E anche nell’amore non riesco a conquistare la vostra leggerezza
non riesco neanche a improvvisare o a fare un po’ l’omosessuale tanto per cambiare.
Quando è moda è moda quando è moda è moda.
E siete anche originali basta ascoltare qualche vostra frase
piena di nuove parole sempre più acculturate sempre più disgustose
Che per uno normale per uno di onesti sentimenti
quando ve le sente in bocca avrebbe una gran voglia che vi saltassero i denti.
Quando è moda è moda quando è moda è moda
quando è moda è moda quando è moda è moda
Io per me se ci avessi la forza e l’arroganza
direi che non è più tempo di fare mischiamenti
Che è il momento di prender le distanze, che non voglio inventarmi più amori
che non voglio più avervi come amici e come interlocutori
Sono diverso e certamente solo, sono diverso
perché non sopporto il buon senso comune ma neanche la retorica del pazzo
Non ho nessuna voglia di assurde compressioni ma nemmeno di liberarmi a cazzo
Non voglio velleitarie mescolanze con nessuno nemmeno più con voi
ma non sopporto neanche la legge dilagante del fatti i cazzi tuoi
Sono diverso sono polemico e violento non ho nessun rispetto per la democrazia
e parlo molto male di prostitute e detenuti da quanto mi fa schifo chi ne fa dei miti
Di quelli che diranno che sono qualunquista non me ne frega niente
non sono più compagno né femministaiolo militante
Mi fanno schifo le vostre animazioni, le ricerche popolari e le altre cazzate
e finalmente non sopporto le vostre donne liberate con cui voi discutete democraticamente
Sono diverso perché quando è merda è merda, non ha importanza la specificazione
autisti di piazza studenti barbieri santoni artisti operai
gramsciani cattolici nani datori di luci baristi, troie ruffiani paracadutisti ufologi
Quando è moda è moda quando è moda è moda
Quando è moda è moda quando è moda è moda
Quando è moda è moda quando è moda è moda
Quando è moda è moda quando è moda è moda
(Giorgio Gaber, Sandro Luporini)