Mentre lavoro, i droni degli Americani bombardano il mio quartiere. Crateri ovunque, fumo, calcinacci. Via Baccina è piena di buche, amorevolmente intitolate all’ACEA, all’Italgas, alla TIM, all’ENEL, un tripudio di operai rubizzi che si insultano, si accavallano, maledicono Pjanic, insultano il governo. Uno di loro grida: “Si nun ammazzamo Andreotti, qui le cose nun cambieranno mai”. Gli fa eco un lavoratore straniero: “Ma non l’hanno venduto al Chievo?” Tutti ridono, finché uno dice: “Ma nun era morto?”, ed un altro: “Quello è come Berlusconi, fa solo finta de morì”. “Ma guarda che è morto”, un vocione più tonante degli altri sovrasta tutti: “Si era morto nun comannava, e siccome comanna ancora, che Renzi è n’omo suo, vor dì che è vivo, no?” Una signora si intromette: “Ma si era vivo lo vedevamo a Ballarò o da Bruno Vespa, no?”, il vocione chiude la discussione: “Si era morto prima lo vedevamo da Fazio. Quello quanno intervista a uno vor dì che sta a morì”. Vi risparmio il prosieguo, che è una disquisizione minuziosa sulle squame e sulle labbra rifatte di Lilli Gruber e di cosa quell’androide che porta il suo nome potrebbe compiere, nell’alcova, accompagnandosi con un lavoratore serbo, che in strada tutti paiono conoscere, glorificato per i suoi genitali spropositati ed incontentabili. Benvenuti a Roma, non esiste un’altra città così, credo…

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