Da un lato Trump che vuole armare gli insegnanti perché possano sparare agli studenti discoli, dall’altra i genitori italiani che giustificano qualunque cretinata dei propri figli e sono pronti a riempire di botte gli insegnanti, finché siamo arrivati al punto che persino un ragazzino di 11 anni si sente in diritto di darle di santa ragione alla professoressa. Al contempo, nelle Case per Anziani e negli Asili, coloro che accudiscono sono sempre più pronti a sconfinare nella brutalità più oscena. La mia prima reazione a tutto questo è stata: quando ero piccolo io, l’insegnante te le suonava, e stavi zitto, e forse era meglio allora. Però ricordo benissimo le ingiustizie perpetrate da quegli insegnanti, e di come Remo B., usato come uno stuoino dal personale scolastico, divenuto quindi bersaglio della cattiveria dei suoi compagni, si ritrovò a 19 anni a battere come omosessuale di fronte alla Caserma del Castro Pretorio. Così ho pensato che bisogna fermarsi e pensare un momento. A partire dal Primo Dopoguerra. L’istruzione è stata la porta attraverso la quale i più poveri hanno avuto accesso ad una vita migliore. Ed era una porta che funzionava. Chi è di Destra dice oggi che sotto Mussolini funzionasse meglio. Io sarei più preciso. A partire dagli anni del boom economico, e direi dalla lotta contro la Legge Truffa del 1953, il consociativismo politico ha cercato di regalare a tutti coloro che avessero un peso elettorale le chiavi per quella porta, costruendo decine di migliaia di posti di lavoro inutili, superflui, distribuiti non per merito, ma per Clan. Il Movimento Studentesco cercò addirittura di istituzionalizzare questo malcostume, introducendo il voto politico al Liceo ed all’Università. In questo modo la scuola, che avrebbe dovuto essere profondamente riformata, modernizzata e defascistizzata, venne solo distrutta. Oggi devono arrivare tutti, ed ho davanti agli occhi 18enni che non parlano italiano corretto, non sanno far di conto, hanno una cultura generale basata sullo sciocchezzaio della TV ed il merdaio dei social networks, alcuni dei quali non sanno leggere l’orologio a lancette (lo giuro!) e fanno fatica a leggere le scritte per strada. A costoro, che vivono ora in un mondo in cui la porta si è richiusa per tutti, non resta che la rabbia, la frustrazione, l’odio becero dell’animale punito e che non sa perché, aggiunto a quello dei suoi genitori, che hanno votato e credevano, in quel modo, di aver guadagnato il Nirvana per l’erede. Oggi, per farcela, bisogna andare a studiare e lavorare lontano dall’Italia – pur sapendo che questa catastrofe sociale è presente ovunque, nel Mondo Occidentale: la porta si è chiusa ovunque, se sei povero puoi indebitarti per un cellulare, ma non puoi avanzare, se non sei veramente unico e molto fortunato. Le scuole e le università sono in parte divenuti dei serragli in cui contenere buoi lontani dalla disoccupazione ufficiale e dall’età adulta. Un piano riuscito alla perfezione, che crea in tutti – insegnanti e professori – una rabbia sena sfogo se non nella violenza reciproca. Ben sapendo che la maggioranza degli insegnanti darebbe il sangue perché i loro studenti ce la facessero e si comporta di conseguenza, nonostante la violenza di cui costoro per primi sono vittima: oggi, cercare di migliorare una persona, è considerato uno sconcio. La TV conferma che ad essere coglioni rabbiosi ed umili ci si guadagna sempre, e si finisce eroi di qualche trasmissione per decerebrati. Il problema della scuola lo si risolve solo risolvendo il problema del lavoro. Spiegando a tutti che la vita, già oggi, è una jungla, e che l’insegnante è il tuo unico alleato, l’unico che possa prepararti a sopravvivere. Rendendo la scuola estremamente selettiva, ma offrendo a chi non ce la fa una via d’uscita. Andando a lavorare nell’artigianato, imparando ad usare le mani, sostenendo (veramente, specie con il micro redito e forti agevolazioni fiscali) i pochi artigiani rimasti, smettendola di punire chi ha successo perché è bravo e si ammazza di lavoro, mostrando le loro facce in TV, non quelle dei perdenti sciocchi dell’Isola dei Famosi o dei vari reality shows. Ci vogliono di nuovo trasmissioni come quelle del Maestro Manzi – ed una selezione degli insegnanti basata non sull’anzianità ed i baronati, ma sui veri titoli. E poi durezza e velocità nel colpire chi usa la violenza nella scuola. Banalità, lo so, eppure rivoluzionarie.

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