Stasera Vasco Rossi si esibisce di fronte a circa 220mila persone. Forse canta, anche, ma non sempre, non credo che abbia la prestanza fisica necessaria, ed oltretutto fa fatica a ricordare i testi, peraltro semplicissimi, delle canzoni a lui attribuite. Pare che una parte del concerto sarà suonata dal vivo, anche se nessuno può sapere veramente se il suono che esce dalle casse sia live o meno. Ma non importa nulla. Questo artista, che meglio di ogni altro ha rappresentato il berlusconismo nelle sue conseguenze più estreme, sembra il punto di riferimento culturale di una ampissima fascia di italiani. Non solo dei 220mila che saranno lì, ma anche dei milioni che seguiranno l’evento da maxischermi o a casa, in TV. Vasco Rossi applica lo stile Arcore da anni: messaggi comprensibili anche ai bambini di cinque anni, banalità agghiaccianti mescolate a giri di accordi ed arrangiamenti rubati altrove, buonismo di facciata, ruvidità caratteriale – che nasconde il fatto che quest’uomo, dopo decenni di droghe ed alcool, si sia completamente bruciato il cervello, come si evince dalle interviste penose cui il suo management ogni tanto lo costringe. Tutto questo, stranamente, contribuisce a farlo “importante”. Molta gente si riconosce in lui, ora che la stupidità è stata dichiarata un valore. Ricordo che, da ragazzino, parlavamo male di Claudio Villa e Nilla Pizzi. Eppure le musiche delle loro canzoni erano estremamente complesse, e loro cantavano davvero. Dopodiché sui testi era meglio stendere un pietoso velo. Ma di fronte a questa ondata di scemismo ciabattone, lezioso, burbero ed accattivante che ha conquistato le platee (Vasco Rossi, Ligabue, Negramaro, Baustelle, Modà), c’è solo la musica dei vecchi (quella della mia generazione), il miagolio insopportabile dei neomelodici come Gigi D’Alessio e Tiziano Ferro, e l’incompetenza tecnica spacciata per scelta artistica (Giovanni Allevi ed i prodotti di Maria De Filippi). Eppure il vento soffia ancora, diceva Pierangelo Bertoli. Al di là di questo orrore esiste, come è giusto che sia, una scena alternativa che viene schiacciata dalla cultura univoca dominante. Essere minoranza è meglio che essere cretini. Andate pure a comandare col trattore in tangenziale, oppure all’evento paramusicale di Vasco. Noi continuiamo come sempre: resistere, resistere, resistere.

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