Non è mai stata dimenticata. Oggi, cinque minuti prima delle otto di sera, saranno esattamente 40 anni. Non ho dimenticato. Non si deve dimenticare. Giorgiana Masi era la figlia di un parrucchiere che abitava a Via Trionfale. Insieme al suo ragazzo, Gianfranco Papini, era andata ad una manifestazione pacifica dei Radicali a Piazza Navona a sostegno della legge sul divorzio. La manifestazione era stata proibita dal Ministro dell’Interno Francesco Cossiga, come risposta all’assassinio, da parte di un militante di Autonomia Operaia, del celerino Settimio Passamonti, morto il 21 aprile durante gli scontri succedutisi ad una dimostrazione di AutOp all’università di Roma. Cossiga voleva il morto. Come lo voleva il governo che scatenò la follia al G8 di Genova, tanti anni dopo. Cossiga voleva vendetta per l’assurda ed ingiusta morte di un poliziotto, e voleva un morto per il quale si potesse addossare la responsabilità al Movimento. Continuo a pensare che l’assassinio di Giorgiana sia stata la premessa necessaria per il rapimento e l’omicidio di Aldo Moro. Cossiga e gli altri personaggi che guidavano un’ala violenta e cinica della DC (e dei servizi segreti, e di chissà quale altra cosa) avevano capito una cosa che risultò poi fondamentale: il movimento del 77 era un moto dei figli della borghesia benestante, quasi del tutto estraneo al proletariato suburbano ed agricolo – da cui provenivano i poliziotti. Ammazzare i poliziotti era, politicamente, prendersela con i più deboli, gli esclusi, la povera gente. Toglieva voti alla sinistra, insomma. Alla manifestazione dei Radicali c’erano circa 5mila ragazze e ragazzi, ed almeno altrettanti poliziotti, metà dei quali armati, ed in borghese, come si vede dalla famosa foto dell’agente Giovanni Santone, esaltato e pronto a uccidere. Io ero lontanissimo, in un appartamento di Roma Nord, con Daniele Bevar ed altri amici comuni. Loro avevano un complessino e stavano provando. Quando Giorgiana venne uccisa stavo tornando a casa con il bus. Mi fecero scendere dal 446 in cima a Via Cortina d’Ampezzo e mi tagliarono le tasche del giaccone per vedere se avevo armi. Gridavano tutti. Naturalmente non sapevo cosa fosse successo. Lo chiesi a un pizzardone, che rispose: “Stavorta ‘ate cacato fori dar vaso, brutti pelosi demmerda”. Pensai: non contiamo nulla, fanno di noi ciò che vogliono, potrebbero ammazzarmi come un cane e non succederebbe niente. Non faccio mistero della mia ingenuità e superficialità di allora, ma avevo ragione. Non avevo una coscienza di classe, ero solo un ragazzino imbecille e pieno di spocchia – e quindi ero istintivamente dalla parte del Movimento. Dopodiché, negli anni successivi, a forza di studiare, capii che avevo avuto istintivamente ragione e torto allo stesso tempo. Il Movimento del 77, politicamente, era zero. Una burletta violenta e stupida. Era il segno del fallimento del 68, del fatto che i giovani della borghesia erano talmente lontani dal proletariato da disprezzarlo segretamente (anche perché era tendenzialmente fascista) e non essere in grado di rappresentarlo. Al contempo, la nostra ignoranza dei meccanismi del potere, ci portava ad essere milioni di chilometri lontani da qualunque azione che avesse un senso. Iniziai a leggere “ControInformazione”, il volantino delle BR. Fatto benissimo, è stato alla base della mia carriera di giornalista investigativo. Come diceva Gaber: gente seria, che non scazza. Ne sapevano molto di più di qualunque giornale. La loro inchiesta sugli spalloni e sulle banche svizzere e sui legami tra il fascismo internazionale, la UBS, gli avvocati italiani come Victor Uckmar, faccendieri come Tito Tettamanti (che, tra le mille prodezze da lui compiute, fu poi al centro delle operazioni di pagamento delle tangenti dello scandalo Enimont) mi è servita per trent’anni come base per le mie ricerche ed i miei articoli. Ma Giorgiana Masi era una ragazza per bene, di una famiglia per bene, lontana quanto mai dalla violenza, che era andata ad un sit-in sul divorzio. Non c’entrava nulla con questo schifo. Le hanno sparato nell’addome. Lo hanno fatto apposta. Il colpevole non è mai stato identificato. Ma, come disse Pier Paolo Pasolini, io lo so il nome. Oggi, come 50 anni fa, con la gola gonfia di rabbia e di dolore, pensando a come la democrazia italiana sia stata scientemente schiacciata dagli interessi convergenti delle forze di destra inerenti alla DC, al PCI ed agli altri partiti del cosiddetto “arco costituzionale”, che con la concertazione accettarono la violenza americana sul nostro territorio come un prezzo necessario. Oggi, con gli occhi velati dal furore e dalla commozione, pensando a Giorgiana, ed a Gianfranco, che ha pagato tutta la vita, fino a cercare di ammazzarsi. Oggi, come prima, più di prima: COSSIGA ASSASSINO – cossino assassiga, come si scriveva sui muri. Non so come, ma ho fiducia nella sorte, che punisce sempre i bugiardi. Pagherete caro. Pagherete tutto. Merde disumane che non siete altro.

Lascia un commento