Mi chiama uno con la voce di Chiambretti (ma chi gli ha dato il mio numero?) e mi scodinzola: “Dottor Fusi, ciò che lei scrive merita un pubblico più ampio, noi siamo qui per ottenerlo insieme a lei”. E poi giù cretinate a metà tra il mistico, il mastico ed il domestico, banalità stracotte ed inglesismi “shish” che non avrebbero funzionato nemmeno ai tempi belli di Vanna Marchi. Naturalmente vuole dei soldi e promette di raddoppiare i “like” che ricevo in una settimana, e decuplicarli in due mesi. Perché? Perché do a “Noi” (la Spectre?) una certa cifra, che equivale più o meno ad un abbonamento a Topolino, a un sito porno, ad un abbonamento base per lo smartphone che non avrò mai, alle sigarette per un mese (se fumassi), ad un paio di pizze da Baffetto. Secondo me calcolano questa cifra non in base al valore del servizio, ma perché sanno (Noi, la Spectre?) quanto siamo disposti a gettare via dalla finestra e poi dimenticare solo perché ci hanno smucinato subliminalmente qualche parte sdrucciola e sudicia del subconscio. Mentre lo saluto con un cortese diniego, mi viene da pensare a chi possa mai accettare. E mi accorgo che Facebook è una macchina multiuso che può sostenere in caso di depressione. Mi ha sempre dato fastidio che i contatti siano “amici”, perché in questo modo quest’ultimo termine viene desemantizzato, ma vabbé, non siamo pignoli. Mi viene in mente una persona in particolare (che mi ha pure bannato), che chiamava e implorava di mettere i “like” alle proprie esternazioni, perché si sentiva meno solo e più apprezzato. Compagni il gioco si fa peso e tetro, cantava Guccini. Io, come tutti, sono felicissimo se una persona mi mette un like, ancora di più se commenta, ma da qui ad illudersi di avere successo per questo, siamo alla differenza tra guidare un’auto a pedali e sognare che sia una McLaren. Insomma: finché ci scriviamo e likkiamo tra noi, che ci conosciamo, manteniamo contatti molto belli che con la vita frenetica sarebbero difficili da salvare, o abbiamo persino la fortuna di essere divenuti veri amici dopo aver apprezzato reciprocamente ciò che si scrive. Facebook è un giocattolo meraviglioso. Ma se si comincia ad andare oltre, ovvero a rimorchiarsi su Facebook, a credersi “arrivato”, a stabilire se si sia mandato un messaggio al mondo, allora guai. Ma forse no. Forse, con il peggioramento della quotidianità e l’aumento della solitudine, coloro che postano i gattini, i piatti che mangiano o organizzano trombate e/o matrimoni, se non avessero Facebook, andrebbero per strada ad ammazzare la gente. Facit: forse, alla “Noi” (la Spectre!), dovremmo dare l’otto per mille.

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