– Ho sentito Simone Cristicchi cantare del trauma di Trieste. Una canzone venuta male, perché ci ha messo l’anima e lui, per vocazione, è un clown triste. Ma va bene lo stesso, si giustifica tutto nella frase finale: “non dimentichemo!” Per me, che ho visto ed amato il lavoro di Maurizio Zacchigna e che porteremo a Roma a gennaio, Trieste è divenuto il simbolo del nostro cuore diviso. Non più fra pensiero ed azione, non più fra passione e ragione, ma fra panico e rassegnazione. Quando sono in Piazza dell’Unità e mi perdo, guardando il mare, sognando le spiagge di “Onda su onda” di Paolo Conte, il vento mi ricorda che devo essere presente a me stesso. In un’Italia squassata dallo schifo dei suoi politicanti ottocenteschi, da D’Alema a Grillo, da Berlusconi a Vendola, tutti uguali ed ugualmente dannosi… in un’Italia umiliata dalla pochezza dei suoi abitanti, vittimisti e viziati, spacconi e bugiardi… in un’Europa di furbetti e assassini, pronti a cancellare la Grecia dal Pianeta come 25 anni fa venne cancellata la Repubblica Democratica Tedesca e domani, forse, Italia, Spagna e Portogallo… non resta che un’emozione, un anelito, uno slancio, una speranza. Non dimenticare. Imparare chi siamo, da dove veniamo, spogliarci delle bugie della propaganda, capire le nostre origini ed i peccati originali, di cui non vogliamo sapere nulla, ma per i quali paghiamo salatamente. Il “Magazzino 18″, così come “L’eredità dell’ostetrica”, è tutta la nostra vita. Non moriamola così, battiamoci per la verità, anche se dolorosa.
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