In questi ultimi giorni è come se il mondo intero trattenesse il respiro. Ed io, tanto per cambiare, ho paura. Ancora una volta, in Medio Oriente si fronteggiano gli eserciti che credono di essere i più forti del mondo. Ancora una volta, alle loro spalle, l’economia si è bloccata, non si muove nulla, nemmeno un refolo. L’interscambio commerciale globale è calato di alcuni punti in poche settimane (sostengono degli operatori che conosco alla Deutsche Bank ed alla BNP Paribas). Basta questo. In Germania – dopo l’esplosione del Dieselgate – Angela Merkel caccia il proprio ministro degli interni e sta per perdere (per uno scandalo) il ministro della difesa. Nervi tesissimi. Ovunque io chiami, per questioni inerenti al mio lavoro, trovo persone esasperate, quasi isteriche, specie nei gangli nevralgici di quello che Thomas Konicz definisce come “il cuore del sistema”, ovvero nei team di consulenti di personaggi estremamente potenti, sia politicamente che finanziariamente. Noi tutti chiniamo la testa e continuiamo a vivere come se nulla fosse. Alcuni di noi perché non percepiscono nulla, altri (come me) per superstizione, perché non sanno cos’altro potrebbero fare. Suggerisco un rimedio apotropaico: “Il Rinvio” di Jean-Paul Sartre. E poi: calma. Alla fin fine non succede nulla. Il disastro potrebbe davvero non accadere. Anzi, quasi certamente domani pubblicheranno nuove statistiche che contraddicono la nostra percezione di continua caduta a vite. Putin, Obama e gli altri attori del teatro di fuoco mediorientale potrebbero trovare un accordo. La Grecia, la Cina, l’India, il Brasile, potrebbero finalmente trovare il tesoro del Pirata Barbanera ed usarlo per riavviare la congiuntura. Potrebbero arrivare gli alieni e inaugurare una felice stagione di interscambio commerciale intergalattico. O magari va ancora avanti così, camminando bendati e tenendoci per mano sull’orlo del crinale, guardando spaesati i dipendenti di Air France che linciano i loro manager (mentre da noi Ignazio Marino stabilisce il record mondiale di roulette russa, sfidando la vita una dozzina di volta al giorno e cavandosela sempre con appena un po’ di parolacce). Vado a Londra per vedere se riesco a far ripartire la mia, di azienda, ed a vedere un caro amico – uno di quel milione di italiani che hanno abbandonato la nave negli ultimi due anni e mezzo. No, non scappo dallo tsunami. Questo, se arrivasse, verrebbe contemporaneamente da tutte le direzioni. Non farei nemmeno in tempo a gongolare quel mezzo secondo per avervelo detto e non essere stato creduto.

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