Nella lunga autostrada che porta alla malinconia, alla fine dell’ennesima notte passata a lavorare ed a respingere i mostri che mi divorano l’anima, scopro Rayland Baxter, che è balsamo sulle nuove piaghe e pagina aperta sulla disperata “perfetta felicità” di James Salter. Ascoltando Baxter, seduto a piedi nudi su un amplificatore nel Tennessee, lontano almeno quanto Alpha Centauri, lui e Salter mi riportano al mare, quando avevo già nostalgie struggenti, ma nessun ricordo da collegarci. E Reggie Dwight, il bimbo ciccione che non giocava con nessuno e suonava il piano, milioni di anni prima che divenisse Baronetto e un epigono della noia mortale. E questa canzone ascoltata sul mangianastri che sta inesorabilmente finendo le pile. Ciao Paolino, buongiorno. Lavati, e poi c’è tanto da fare. Davvero.

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