– Ho appena finito di leggere “Shantaram” di Gregory David Roberts. Il libro è in circolazione, anche nella versione italiana, da oramai dieci anni ed è senza dubbio un romanzo di grande successo, nonostante la versione cinematografica non sia ancora stata realizzata. E’ il libro autobiografico ed agiografico di un gangster australiano che racconta i suoi anni avventurosi a Bombay all’inizio degli anni 80. Ci sono paragrafi sublimi, ma anche tante ripetizioni e cose scontate. Come in un poema epico cavalleresco, l’eroe ne vede, sopporta e vince di tutti i colori. In pratica Lin-Baba vive da protagonista tutti gli eventi salienti di quegli anni, compresa la guerra in Afghanistan. Gli mancano solo il viaggio sulla Luna, il crack della Barings Bank a Singapore e la Coppa del Mondo di calcio. Ed in fondo in fondo, il filo rosso che tiene insieme il romanzo è la storia d’amore impossibile fra Karla e Lin-Baba. Ma allora perché ne parlo, se non mi è piaciuto? Prima di tutto mi è piaciuto. Mi sono piaciute le spiegazioni dei conflitti padre-figlio (tranne quando il percolato di pathos e retorica inquina pagine e pagine che si sarebbero potute risparmiare), mi è piaciuta la descrizione dell’impossibilità dell’amore se non tra i deboli ed i debolissimi, credo di aver imparato nozioni interessanti su quel caleidoscopio impazzito della razza umana che è Mumbai. Ho riconosciuto cose di me stesso, ma soprattutto del me stesso eroico che, nella realtà, non è mai esistito. Insomma, il finale triste da tipico romanzo borghese, che contraddice l’epos delle mille pagine precedenti, ci stava tutto. Credo che “Shantaram” sia un passo importante che renda credibile l’idea che, prima o poi, in qualche parte del mondo, qualcuno scriva il vero grande romanzo della nostra epoca. Un romanzo in cui si sia più amarezza che amore, più sangue che sesso, più lealtà che idealismo, più confusione che certezze, più pessimismo che ottimismo, più rassegnazione che propaganda. Un romanzo che parli dell’intreccio fra guerra, economia, politica e società come sono oggi. Peccato non essere capace di scriverlo io. Del resto non ho mai giocato a calcio come Pelé, né risolto grandi problemi della fisica o della medicina. Un antieroe borghese, insomma, che se scrivesse sarebbe sarcastico e patetico. Ma da qualche c’è, colui che supererà persino Murakani Haruki. Lo aspetto.

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