– A coloro che piangono il sig. Faletti, che non mi ha mai fatto ridere e le cui pagine non mi hanno mai entusiasmato, e che purtuttavia ha scritto ottime canzoni, chiederei anche di piangere Maria Luisa Spaziani. Lo so, non sapete chi fosse – l’ultima grande poetessa del Novecento, grande storia d’amore con Eugenio Montale, una torinese che, essendo tutt’altro che falsa e cortese, trovò a Messina lo spazio per scrivere poesie struggenti ed intimenticabili. Aveva 91 anni. Di lei, a scuola, non si insegna nulla, e ci mancherebbe altro. Vi offro la mia poesia preferita, quella che spiega perché l’autunno sia la grande inesausta stagione dell’amore. Poi dimenticatevene e guardatevi le puntate di Drive-In su youtube. Siamo uguali, tutti: applaudiamo non la bravura, ma il fatto che un’opera ci riporti alla gioventù. Dato che la poesia è stata esclusa a forza dalla gioventù italiana, Maria Luisa Spaziani era un patrimonio di pochi che, nati vecchi, come me, si commuovono di fronte a grandi opere – e poi magari anche guardando Topo Gigio o altre facezie giovanili.
Sarebbe, il mondo, un fresco castagneto
se tutto mi guardasse coi tuoi occhi.
Marroni, intensi, laghetti dorati
ai raggi dolcemente declinanti.
Così gli occhi degli angeli, castagne
che hanno perso il riccio. Il Paradiso
è quella svestizione, ogni segreto
è arrivare al cuore.
Signora Spaziani, Lei ha ragione. Lo avevo imparato con Prevert e con il mio corpo. Ora che lo so, da dinosauro, mi preparo a portare il segreto del sole meraviglioso e malinconico della stagione della castagna con me, come ha fatto lei qualche giorno fa, ricordando odori e colori – e solitudine, che di queste cose non solo “il secolo nostro”, come direbbe Leopardi, ma l’umanità tutta, quella degli ipod ipad iped ed ipid non saprà mai nulla
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