– Stanotte, mentre dormivamo, lo Stato iraniano ha impiccato Reyhaneh Jabbari. L’ha fatto perché chi comanda a Teheran lo riteneva giusto e l’ha fatto anche come ulteriore, ennesimo gesto di sfida nei confronti del resto del mondo, che si era sollevato per difenderla. L’ha fatto per dare una lezione a quelle ragazze musulmane che volessero difendersi dagli stupri, per spiegare loro che, per una certa visione dell’Islam, la donna è carne senz’anima. Allo stesso modo, con la stessa furiosa cattiveria e barbarie, le milizie dell’ISIS stanno compiendo stragi in Iraq ed i mercenari di Boku Haram hanno rapito altre bambine in Nigeria. Con lo stesso disprezzo per la vita umana, anche stanotte, in Africa, compagnie americane, francesi, olandesi, sudafricane, inglesi, italiane, cinesi ed indiane hanno fatto morire di torture, stenti ed umiliazioni decine di africani indifesi. A coloro che sognano un governo forte ed autocratico: cercate di capire come sia il giorno in cui, se sei in pericolo, non solo non ci sia nessuno che ti difenda, ma sia la Polizia ad essere il tuo aguzzino. Scommetto che non vi siete mai sentiti svuotati come quando sai che non abbia senso gridare, che non c’è nessuno che corra a salvarti, nessuno che si indigna, che vali zero. Questo lo sanno bene tutti i fascismi, a tutte le latitudini: le persone si uccidono umiliandole, facendole sentire zero. Facendole arrivare al punto in cui farebbero qualunque cosa. Invece Reyhaneh Jabbari è stata diversa, ha resistito, è rimasta donna ed orgogliosa fino all’ultimo secondo. Se fossi stato io al suo posto avrei gridato e sarei stato pronto a tutto, a tutto. Perché non sono capace di una fierezza così serena e quieta. Ma tutto ciò, fra una settimana, nessuno lo saprà più. Nella polemica tra mondo musulmano e mondo cristiano, tra aziende multinazionali e schiavi, tra carnefici e vittime, si torna alla confusa quotidianità in cui si ha pena per il povero stupratore che piange in TV, per il Comandante di nave che ha ammazzato centinaia di persone per far impressione su una ragazzina, per il ragazzino che sfida la polizia ad un posto di blocco e si prende una pallottola, per il fanatico di una squadra di calcio che ammazza un poliziotto o un altro tifoso. Noi difendiamo chi rinuncia alla propria responsabilità, perché siamo noi stessi dei vermi. La democrazia, signore e signori, è l’opposto, e non per nulla in tanti sono morti in suo nome. La democrazia è responsabilità. Non è “perdonare” perché sappiamo che un giorno o l’altro potremmo commettere lo stesso delitto e vogliamo esser sicuri della clemenza. Non è uccidere ed umiliare in nome di una dottrina religiosa, di un credo politico, di una passione estetica come il calcio o l’appartenenza razziale. La democrazia è difendere il diritto di ogni singola persona a vivere in dignità e, fintanto che non limita o mette in pericolo la libertà altrui, di essere libera di fare e pensare ciò che vuole. Responsabilità e dignità: due doni che Reyhaneh Jabbari ha fatto ancora, ennesima vittima, al mondo, mentre il mondo (e quindi noi tutti) guardava da un’altra parte.

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