– Ieri sera, a Montpellier, un altro pezzo della nostra gioventù ci ha lasciati. Manitas de Plata ha suonato fino all’ultima notte di stelle, poi si è addormentato raccontando della roulotte in cui era nato 93 anni fa. Della sua amicizia con il più grande di tutti, Django Reinhardt. Di quando Picasso gli disse: ragazzo, vali molto più di me. Di quando suonava nei tramonti di Saint Tropez per gli ospiti di Brigitte Bardot… ed infine di quando i suoi figli e quelli del suo amico José Reyes fondarono i Gipsy Kings. Di lui, più della velocità pazzesca delle dita, ho amato l’orgoglio e la scanzonata aria da mascalzone, di quello che sembra stia facendo qualcosa di serio ed invece ti sta dando una fregatura, una sorta di Jean-Paul Belmondo zingaro… Papà, lo scrivo in pubblico perché ce se ne dimentichi un briciolino in meno, perché il nostro mondo di note e visi diventa ogni giorno più povero, perché non riuscirò ad andarlo a vedere ancora una volta ad Avignone, nella grande piazza coperta dagli alberi e dalle grida dei bambini, nell’estate torrida della nostra ebbra voglia disperata di vita. Troppo tardi.

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