Mi pareva di aver dormito troppo profondamente. Al mio risveglio ho un sapore strano in bocca e sono completamente disorientato. Le pareti della mia stanza sono macchiate da una scritta in rosso: “nič upal nič pridobil” (chi non risica non rosica). Non ho sentito nessuno entrare. Vado al bagno e, nel lavandino, c’è una pistola di fabbricazione klingone e una busta di plastica piena di fiale. I miei anni su Terango sono serviti, so bene di cosa si tratta: In quelle fiale ci sono bombe chimiche che alterano la realtà di chi viene colpito, trasformandolo da umano a pisquano (noi al sud diremmo: minchione). Un solo colpo rincoglionisce in modo definitivo, non esiste un antidoto. Per questo motivo negli ambienti del crimine interplanetario questa pistola viene chiamata cazooka, sia perché rimbambisce, sia perché il rumore del suo sparo ricorda il riff di kazoo di Edoardo Bennato in “Salviamo il salvabile”. Frugo dappertutto, ma non trovo istruzioni. Hmmm. Prudenza, Paolino, prudenza, potrebbe essere una trappola. Guardo nel corridoio. Nessuno, naturalmente. Il cavolo di musichetta che annichila la nostra forza di volontà ci offre la versione di una cover band malese degli Inti-Illimani di “Bad for Good” dei Take That. Mi viene da vomitare. Nel dubbio decido di nascondere pistola e pallottole fuori dalla mia stanza. Dato che forse il nemico legge queste righe, non vi dico dove. Poi, fischiettando come se piovesse, mi dirigo alla prima terapia. Dato che è domenica, non c’è quasi nessuno del personale. Bevo la mia tazza di spremuta d’aglio, le mie tisane ai bulbi oculari di cercopiteco, ho con me la mela che costituisce la mia colazione. Chi non ha mai fatto mai una mela a fette, usandole come se si trattasse di pane toast, mettendoci dentro i resti dei bulbi del cercopiteco e mordendo con entusiasmo, costui non sa nulla del coraggio della disperazione. Oggi arrivano dodici nuovi ospiti. Almeno uno di loro sarà una spia – penso. Mentre mi preparo spiritualmente al derby Roma-Lazio, bighellono nella sala d’entrata ed osservo chi arriva. Due signore romagnole completamente rifatte, ciascuna grondante catenine, occhiali, orecchini e braccialetti d’oro da guardaspalle colombiano di un bordello di Cancun, potrebbe essere sospetta. Hanno ciascuna un telefono cellulare mascherato da bottiglietta di profumo dorato e borbottano senza smettere mai di cose di nessun conto. “Cara, guarda il signore, non ti pare che la sua camicia sia stirata male?” e l’altra: “Oh tesoro, mi ricorda la signora Gabrielli, che quando seppe che il marito la tradiva cominciò a stirare male le camicie per renderlo brutto per la maitresse”. La signora Gabrielli sale alla ribalta. In pochi secondi imparo che sia una grande specialista della preparazione dei carciofi, che abbia un figlio “bellino bellino” che di mestiere ruba i soldi dalle borsette delle parenti di sesso femminile ed invece di un’auto possiede la “moto temporada che fu di Angelo Bergamonti”. Chissà di cosa diavolo parlano. Mentre loro prendono l’ascensore arrivano tre maestrine bolognesi, che parlano solo di alunni. Loro sono ok. Poi due signore napoletane. Si vede che non sono qui per la prima volta, i dipendenti le salutano, parlano un dialetto così stretto che non capisco nulla. Poco più tardi, quando arriva un signore milanese che loro già conoscono, mi accorgo che fanno parte di coloro (e sono tanti) che vengono a dimagrire e durante il loro soggiorno hanno solo tre temi: uno, non sto dimagrendo; due, mi fa schifo tutto qui e non penso che ai manicaretti più estremi ed untuosi: tre, la gente qui è di così basso livello, che nella vita normale non li vedrei nemmeno, non sia mai che li dovessi persino salutare. Quindi non credo che siano loro. Poi arriva una coppia sui sessanta. Tacciono. Sguardo perso nel vuoto. Rispondono a monosillabi, tra loro non si guardano mai. Eccoli, sono loro, sono certamente loro. Torno in camera, cancello con fatica la scritta, frugo nuovamente dappertutto. Niente. A pranzo tutto diventa ancora più sospetto: ci servono tre minuscoli tortini di broccoletti, buonissimi. Dopo alcuni straccetti di tacchino su un letto di rucola. Mi viene da piangere. Ed infine una mousse di yogurt, fragola e limone, che mi convince definitivamente dell’esistenza del Demonio. Qui c’è qualcosa sotto. Due gol di Totti più tardi, rinfrancato nello spirito e tranquillizzato sulle sorti dell’umanità, incontro la coppia dei Taciturni nel corridoio. Si muovono a scatti. Li saluto, non rispondono, nemmeno si girano. Secondo me non si accorgono della mia esistenza, sono programmati a reagire solo ad altre composizioni biochimiche. A cena patate al cartoccio, poi insalata di frutta e verdura, tutto delizioso. Guardo tutti in cagnesco, spaventatissimo. Quando torno in stanza c’è una nuova scritta sul vetro del bagno: “Sunset rdeče, upajmo maščevanje” (Rosso di sera, vendetta si spera). In effetti il tramonto, oggi, è stato bellissimo, sembrava una giornata di primavera. Ma so bene che i Klingoni, se vogliono, sono in grado di correggere il meteo per rendere la zona d’atterraggio più affine alle loro caratteristiche. Per questo il loro sito militare preferito si trova a Strongoli, nella Calabria crotonese, una splendida collina con una meravigliosa vista sul Mare Ionio. Insomma, non ho scelta. Stanotte, mentre voi dormite, io dovrò tornare in azione. Che la Forza sia con Me. Pregate.

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