12 gennaio 2015 – RITORNO A BURU BURU – GIORNO 8, LUNEDÌ
Imbraccio il cazooka e faccio quello che non ho fatto mai. Sono le tre di mattina, il gelo umilia ogni forza vitale, le strade di San Marino sono piene solo di telecamere della Polizia che bombiscono anche loro, come api di titanio. Marcio imbacuccato come avrebbero dovuto essere quelli della Brigata Julia a Valujki e prendo a sinistra il declivio che porta all’aeratore che conosco fin troppo bene. Una spallata e sono dentro. L’hangar immenso è come me lo ricordavo, predisposto per far credere a tutti che il Monte Titano sia solo un’inoffensiva centrale del riciclaggio burino (quello per coloro che sono costretti a farsi truffare dai faccendieri perché parlano solo a stento l’italiano e non sono capaci di andare a riciclare dove lo fanno bene). Ecco lì il montacarichi da cui ero stato sputato fuori a colpi di panni sporchi. Dietro i due autobus alcuni mezzi spargisale, poi una porta diversa dalle altre: non un ascensore ma nemmeno una porta vera e propria, sembra piuttosto uno sportellone. Perché sono qui? Perché nell’ascensore che mi portava al pianterreno la solita voce in sloveno mi ha dato una dritta, ed ora son qui. Passando da fuori, senza fare il lungo circuito interno, di modo da sorprendere il nemico. Lo sportellone si apre con una spinta, da dentro viene un fortissimo odore di carburanti, ed infatti intorno a me ci sono bocchettoni vari – ed un altro sportello. Un’altra sala, più piccola, piena di caciadroni cardassiani. Si tratta di droni creati dagli ebitiani negli anni della guerra civile su Cardassia, quando la popolazione si prendeva a schiaffi nelle strade nonostante il caldo insopportabile. I droni si inserivano nelle manifestazioni popolari facendo una caciara immonda (dacché caciadroni) finché, tra calura e cagnara, la gente del pianeta se ne tornava a casa. Inutile chiedersi perché i caciadroni siano qui: per caso la politica disumana e repressiva del regime sanmarinese ha bisogno dei caciadroni per disperdere le folle ed i loro aneliti? No, acqua, acqua: servono nelle manifestazioni sportive per dare l’impressione che ci sia pubblico festante. Sulla stampa sportiva locale, parlando delle partite della massima serie, alla voce “spettatori” non c’è una cifra, ma una sequenza di nomi: “Mario Maza-Criscen Bartolini, Tazio Baiuchéla Serafini, sua moglie Donatella, la cugina Nina di Cesena” eccetera. Ma non c’è tempo per disquisizioni. Da qualche parte ci dev’essere un nuovo pertugio e le mie istruzioni. Qui si sta al calduccio, così mi metto seduto e sto per appisolarmi, quando due dei caciadroni sollevano le antenne, si illuminano ed iniziano a muoversi in direzione della parete di fondo. Questa si apre, i caciadroni volano fuori, la parete si richiude. Ma almeno così facendo mi hanno fatto notare un foglio appeso al muro con una scritta univoca: “Sile, varovalka, da je čas da izgubijo” (Avanti, Fusi, che non c’è tempo da perdere). Leggo illuminando le righe con il mio telefono cellulare. Chi lo conosce (intendo il mio handy) sa bene che sia piccolo, antidiluviano e antitecnologico. Ma hanno scritto a grandi lettere: “Due agenti del Male sono qui per eliminare tutti i patrioti slavi che segretamente si preparano a prendere il potere. Non è vero che Aeradria è fallita ed è per questo che abbiano chiuso l’Aeroporto di Rimini. Lo hanno chiuso perché sanno che siamo quasi pronti e che, per anni, ogni settimana attraverso l’Aeroporto abbiamo infiltrato agenti, reagenti, coagenti e sergenti. Temevano che adesso mandassimo anche i militi per il putsch. Tu devi abbattere i due agenti ed i caciadroni che loro usano di notte per andare a colpire i nostri patrioti. San Marino deve tornare all’Illiria. Dokler je izvira, vedno” (Hasta la Illiria, siempre, che è un inno del famoso patriota dalmata Če Guevarić). I due caciadroni rientrano alla base, anche per me è ora di muovermi. Ripercorro il tragitto alla rovescia e sono nuovamente nell’hangar. Non c’è nessuno. Il che vuol dire che mi hanno seguito tutto il tempo con le telecamere. Tanto vale restare al caldo. Prendo l’ascensore che attraversa tutto il Monte Titano ed arrivo lemme lemme al quarto piano, scendo le scale badando di non ripetere la mia performance da Montagna der Sapone del giorno prima e me ne vado in camera. La porta è aperta, sul vetro del bagno c’è scritto: “maščevanje je jed, ki vas naredi maščobe”, la vendetta è un piatto che non fa ingrassare. Se lo dicono loro. Sono stanco morto, vado a dormire, non sogno nulla, sono un sasso nel vuoto cosmico primordiale, gelato dall’eterno e vivo per caso nell’imo dell’io. Mi sveglio appena in tempo per il pranzo: trilobiti al lago di pianto greco, gnocchetti di carta igienica al secondo sale (il primo scende sempre) e bubbola di mammola alla pappola di chiucchiola – delizioso. Ora devo capire chi siano gli agenti del Male. Le mutanti romagnole parlano del povero signor Mazzetti, la cui moglie è scappata col figlio, da cui il Mazzetti sta ora per avere un nipote. Quando cominciano a fare risolini per la mazza del Mazzetti volto loro le spalle disgustato. Le maestrine bolognesi parlano di maestrine bolognesi. Le signore napoletane parlano della buonanima (Pino Daniele, cheppppallle) e della sua indimenticabile canzone “Nun è peccate” – che naturalmente è di Peppino Di Capri, ma non sarò certo io ad inserirmi in quel dotto dibattito. Il signore milanese si scopre essere un maresciallo capo dei Carabinieri, che alla fine del pasto mi dice confidenzialmente che deve parlarmi, che dobbiamo essere alleati, che il momento è grave. I Taciturni tacciono a catinelle. A costoro si è aggiunta una coppia di Ponte di Nona, l’unico quartiere di Roma ad essere in provincia di Pescara. Il loro dialetto è un mescolio obbrobrioso tra lo slang dei Flaminio Maphia ed il coattico classico der Tufello meridionale – quello che confina con Viale Ionio. Litigano sul figlio comune, che secondo il padre è un magnapane a tradimento, e secondo la madre è solo un cucciolo che aspetta la sua grande occasione. Nel pomeriggio lavoro a fatica, devo essere pronto. E poi non vedo l’ora di sparare una cazookata ad un caciadrone. Chi di voi si è mai fatto sfuggire un’occasione del genere?
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