“Nocoj. Roj loparbrezpilotna letala. Uničiti vse”. Stanotte, succede stanotte. Uno stormo di caciadroni. Abbattili tutti. E certo! Che ci vuole? La voce al telefono è chiarissima: “Imamo Roma vezist talca. Uničijo”. Abbiamo in ostaggio un centrocampista della Roma. Distruggili. Ma che diavolo… consulto il sito della Roma. Francesco Totti oggi non si è allenato. Ufficialmente ha una lievissima sindrome influenzale, si attende il suo rientro di ora in ora, forse già domani. Merda… Che faccio, chiedo: devo infilarmi nell’hangar? No, risponde la voce, lì ci sono quelli che li dirigono. E non uscire dalla porta principale, ci sono le spie che ti controllano che stazionano davanti all’uscita ed aspettano. Se esci ti sparano. Rotolo precipitosamente sul corridoio, dalla stanza accanto alla mia esce il Maresciallo dei Carabinieri, in tuta mimetica e ghigno satanico: “Allora stasera si balla, eh?” Discuteremo poi, penso. Gli dico che le spie ci aspettano nell’androne. Lui: “Si va sul tetto, su per le scale” e si mette a correre. I suoi anfibi fanno squinz squinz sul pavimento (in onore del presidente del Sassuolo e di Confindustria?), io arranco sghembo e sbilenco, e quando lui, saltando di tre in tre, affronta gli scalini che portano al quarto piano, io sto già ansimando come il Chattanooga Choo Choo ed ho l’anima che si regge solo con le unghie rosicate per non venir catapultata fuori dai denti. Entriamo con una spallata. C’è ancora la stanza piena di api che bombiscono stizzite. Il Maresciallo chiede: “Ma che diamine ci fanno qui?” Non lo so, ed in realtà non lo voglio sapere. Voglio che lui la smetta di correre e soprattutto non sono in grado di pronunciare nemmeno una parola. Fischio a casaccio come un Rizzoli qualunque, il Maresciallo apre le porte e borbotta: “Dove si prende per il tetto?” Gli indico una scaletta che sale nella sala della stireria, lui sorride: “Andiamo, su, che stanotte si diventa eroi”. Il mio cervello traboccante azoto continua a mandarmi lo stesso messaggio univoco ed esiziale: blub blub blub blub. Dieci minuti dopo lo raggiungo che si è già sistemato sul tetto, si è dipinto il viso con le strisce di grasso nero e si è acceso una sigaretta ed uno sguardo da reduce del Vietnam. E’ buio pesto e fa un freddo da yeti, tira una brezza che ricorda le notti eterne dell’inverno su Plutone, ma c’è una bella luna ed il cielo è limpido, si vedono in lontananza gli Appennini innevati fino quasi all’Abetone. Pian pianino riacquisto un battito cardiaco che mi permette di connettere. Chiedo al Maresciallo se sia armato. Ghigna. Ha un fucile automatico bellissimo. “Lo avevo comprato per mio figlio, ma poi lui se lo portava all’asilo e le maestre s’incazzavano, così ho deciso che finché non avrà un abbonamento per andare allo stadio, meglio che il fucile lo usi io”. Avvita il silenziatore. Per fortuna io non ne ho bisogno, il cazooka non fa rumore quando spara. Finalmente il mio cuore si placa, penso alla vita, all’amore, alla mozzarella in carrozza, ed ecco che divento subito languido. Il Maresciallo borbotta felice, si vede che fino ad oggi si è annoiato. Fa degli scherzi da caserma, come trascrivere sulla tabella dei massaggi che le Mutanti Romagnole debbano fare un trattamento cibernetico. Lo scherzo fallisce perché quelle si presentano all’appuntamento e c’è davvero uno che fa loro un trattamento del genere. Magari ha ragione il Maresciallo, sono loro le spie, oppure hanno subito talmente tante operazioni di chirurgia estatica da funzionare oramai solo a plomeek, la zuppa robotica tanto amata dai Vulcaniani. Quand’ecco che da sotto il Monte Titano si vede una luce turchina che cresce e si allarga. Ora siamo entrambi pronti: “Tu prendi quelli a destra, io quelli a sinistra”. I caciadroni si librano in volo e restano immobili ad una decina di metri sopra di noi, a non più di 50 metri in direzione della valle. Così immobili sono un bersaglio PUM apparentemente facile PUM il Maresciallo ha già sparato e ne ha beccato uno, che gira su se stesso come impazzito. PUM PUM niente PUM PUM PUM eccone un altro che fuma e cade. Triclick sgnik sgnik, fa cadere il caricatore vuoto e lo cambia: “Allora?” Prendo la mira e sparo. Si vede la scia del mio colpo mancare il caciadrone di almeno un’immensità e mezza. Non perdiamo la calma, miro e sparo di nuovo: peggio che andar di notte, intanto il Maresciallo ne ha fatto secco un altro. Un terzo ed un quarto colpo a vuoto, sono davvero un caso pietoso. Mi ritorna in mente di quando sparavamo a Barletta, quando da milite del 6° scaglione del 1982, intruppato nel 66° battaglione di fanteria “Salento”, sparavo alle esercitazioni e chiudevo gli occhi, abbassando la capoccia per reggere il rinculo del Garand. E l’unica cosa che colpivo era il deposito dell’immondizia a cento metri a sinistra del bersaglio. Intanto i caciadroni rimasti se ne volano via, ho fallito la mia missione. Il Maresciallo mi da una pacca sulla spalla: “Sei proprio una spinaccia malefica”, gongola. Ma scopriamo che qualcuno ha inchiavardato la botola, non possiamo rientrare. Per fortuna San Marino è costruito a tornanti. Scavalchiamo il parapetto e saliamo sul tornante successivo, dopo cinque minuti siamo di fronte all’entrata. Guardiamo, ci sono tre persone con l’aspetto da gnorri che più gnorri non si può. Guarda là, sono le maestrine, chi l’avrebbe mai detto? Ma come facciamo a rientrare? Il Maresciallo ha un’idea fenomenale. Chiama un numero di telefono ed ordina tre pizze al prosciutto per le tre spie. Dopo un quarto d’ora arriva un ragazzino con la motoretta e consegna, le tre squittiscono come chiuse in un serraglio con un gorillone arrapato e si appartano per gettarsi sulle pizze. Noi entriamo a piedi nudi ed invece di prendere l’ascensore imbocchiamo le scale. Non dobbiamo far rumore. Come diavolo facevi a sapere quel numero, gli chiedo? “Oh ragasso, io sono qui in missione, mica a dimagrire. Io la notte mi sbafo tre pizze, dopo le schifezze che ci propinano a tavola in questo lebbrosario!” Dalla valle giunge l’eco di colpi di lame rotanti ed alabarde spaziali, i caciadroni stanno compiendo il loro sporco lavoro, Francesco Totti è perduto. La mattina dopo la notizia arriva in un baleno. Nella notte un gruppo di sei turisti croati è stato massacrato da uno stormo di uccelli neri, come esuli pensieri, nel vespero migrar. Io ho le gambe in fiamme, devo fare alcuni trattamenti per raffreddarle e sgonfiarle. Mi sembra che tutta la mia vita sia stata inutile e dannosa, ma soprattutto non capisco perché questa minchiata di San Marino alla Croazia continui ad inseguirmi – era solo uno scherzo, per la miseria! Il Maresciallo non si dà pena: cosa mai ci fanno tutte quelle api chiuse al quarto piano? Troppi misteri, voglia di normalità. Le tre maestrine sono scomparse. La direzione dice che sono state malissimo e sono finite in ospedale. Al loro posto sono venute due coppie, una con l’accento romanesco e l’altra con l’accento triestino. Vedremo.

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