Chi fosse Enzo Felsani, probabilmente, oggi non lo sa quasi nessuno. Nato nel 1918, è stato un ufficiale d’artiglieria dell’Esercito durante la Seconda Guerra Mondiale ed ha principalmente servito in Africa. Alla fine della guerra é stato assegnato alle forze di Pubblica Sicurezza, in un periodo storico in cui il ruolo delle Forze dell’Ordine è ancora tutto da analizzare – e certo, sorretto da una struttura della magistratura ancora fortemente legata alla monarchia ed al fascismo, ha scritto pagine bruttissime di prevaricazione e parzialità. Ebbene, Enzo Felsani, che in nome del fascismo aveva fatto le sue prime esperienze da poliziotto nelle colonie africane, fu il simbolo della lotta per la smilitarizzazione della polizia e, dopo il 1981, quando questo risultato venne ottenuto e lui fu assegnato alla guida della Celere, proseguì la battaglia ideale per l’introduzione di un sindacato delle Forze di Polizia – una battaglia conclusa con successo con la nascita del SIULP nel 1982, dopo che informalmente il sindacato esisteva già da una decina d’anni. Della sua educazione fascista Felsani ha mantenuto un atteggiamento paternalistico nei confronti dei “suoi uomini”, e comunque ha segnato un periodo in cui la PolStrada, che venne chiamato a dirigere dopo un paio d’anni alla Celere, divenne lo strumento principale di controllo del territorio. Ti fermavano con una paletta, ti salutavano cortesemente, ti controllavano i documenti e ti auguravano il buongiorno, la buonasera o – spessissimo – la buonanotte. Allora li consideravo fastidiosi, specie se passavo col rosso col motorino e mi facevano la multa, ma erano dappertutto. A Primavalle, una sera, con due gruppetti di adulti che si prendevano a cazzotti e tiravano fuori i coltelli, improvvisamente l’apparizione di quattro motociclisti aveva calmato tutto. Tutto questo non esiste più. Non esiste più il controllo del territorio da parte delle Forze di Polizia. Non si tratta solo di epifenomeni come i 300 coglioni olandesi che hanno messo a ferro e fuoco il centro di Roma, ma dell’estensione della criminalità organizzata, che è cosa di cui nessuno parla, perché fa parte di quel fenomeno politico denominato da Frank Zappa “criminalizzazione totale” per cui ogni cittadino, infrangendo spessissimo le regole del gioco e volendo passarla liscia, è più solidale con i banditi che con gli sceriffi. Costoro vengono umiliati, male istruiti e preparati, sottopagati, straziati da partiti politici e gerarchie che predicano una cosa e fanno l’opposta, con auto che non funzionano e la certezza del fatto che, chiunque essi acciuffino, in poche ore sarà di nuovo in strada a combinare guai – e magari a minacciare le famiglie dei poliziotti. Sempre più mi accorgo del fatto che i poliziotti stessi, che sono esseri umani, ne combinano anche loro di tutti i colori. E dal 1994 ad oggi, con l’accordo implicito ed esplicito di Berlusconi e di chi di volta in volta fingeva di essergli avversario, i soldi a disposizione della Polizia sono diminuiti del 57,2%, e la loro destinazione è divenuta sempre più opaca (a dir poco). Oggi la criminalità organizzata controlla il territorio, l’Italia come Stato nazionale è solo una convenzione geografica ed un accordo giuridico tra avvocati e finanzieri – un bacino d’utenza, un polo di consumatori. La parola democrazia, in questo contesto, è una barzelletta sconcia. La criminalità organizzata usa i suoi figli per lavorare nelle banche e nelle industrie controllate con i profitti del crimine, usa asiatici per aprire negozi che non pagano tasse, africani e centramericani per spacciare droga, armi, materiali di contrabbando, esteuropei per compiere furti e picchiare chi si rivolta. La Polizia non è in grado di far nulla, ed in parte ha sempre più funzionari corrotti e conniventi. Una resa incondizionata, di fronte alla quale l’immenso lavoro fatto dai reparti investigativi (che sono tra i migliori del mondo e di gran lunga i migliori d’Europa) si scontrano con l’impreparazione – ed a volte l’imbecillità congenita – dei magistrati, la trasformazione della Polizia a livello locale in un assumificio per nullafacenti e la mancanza di fondi è fonte per romanzi epici come quelli del Commissario Montalbano, ma sono destinati a perdere sempre. E lo sanno. La gente lo sa e va bene così, fin quando non viene toccata negli affetti. Ed allora strilla, ed a soccorrerla arrivano clown come Matteo Salvini e Beppe Grillo, che promettono che, scacciando gli stranieri che sbarcano a Lampedusa, tutto sarà risolto. La gente comuna non vuole vedere, non vuole sapere, non vuole capire. Va nei bar e vede dei neri, e si spaventa. E la politica si rallegra, perché in questo modo, invece di affrontare il problema vero, può continuare a indicare il povero raccoglitore di pomodori indiano, il commerciante cinese, l’aguzzino zigano, l’assassino rumeno e lo spacciatore senegalese come capri espiatori. La gente dice che va bene così, perché ha paura di una possibile soluzione VERA del problema. La soluzione VERA del problema è tolleranza zero per ogni atto criminale e la dotazione della Polizia degli strumenti economici, della preparazione del personale e dei mezzi a disposizione necessari per tornare agli anni 50, quando non si poteva muovere nulla senza che ci fosse un uomo in divisa che sapesse cosa fare in caso di pericolo, fosse abilitato a farlo, godesse dell’appoggio incondizionato dello Stato, e difendesse la democrazia. Perché la democrazia, senza una Polizia forte, efficiente ed intransigente, pulita e democratica, non esiste. A chi ammira Salvini e Grillo ripeto: siete complici della criminalità organizzata e non volete vederlo. Uno spacciatore non va arrestato perché è nero, ma perché spaccia. E finché non facciamo piazza pulita dei clan mafiosi che controllano il territorio ed hanno costituito uno Stato nello Stato molto più forte di quello ufficiale, la democrazia non ci sarà, e noi saremo tutti complici. Lo disse Enzo Felsani nel 1984, dopo alcune decisioni discutibili del governo sulla diminuzione degli effettivi dei Carabinieri. Felsani è morto nel 2006, e nei suoi ultimi scritti si leggeva chiaramente la delusione e l’impressione che non si potesse più far nulla. E non aveva ancora visto il Camerata Salvini…

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