Avrei preferito aspettare per commentare le dimissioni di Ignazio Marino, ma a volte si viene tirati per la giacchetta, specie se gli amici più cari non capiscono il mio disappunto. Da due anni vado ripetendo che Marino avesse ridicolizzato il ruolo di Sindaco e non fosse stato capace di affrontare i problemi veri della città. Ma quello che è andato in scena oggi è un teatrino preoccupante. Marino non è stato fatto cadere sui suoi limiti politici, la sua giunta é stata difesa a spada sguainata di fronte a tutte le critiche di contenuto politico, ma è stato fatto cadere sugli scontrini. Badate bene, l’uomo se l’è proprio cercata, perché le bugie continue ed infantili che ha raccontato, dai chilometri fatti in bici (disse a Claudio Sabelli Fioretti che faceva tanti chilometri quanto Marco Pantani) alle cene di famiglia spacciate per serate con prelati e diseredati, sono cose penose. Ma non è un caso che lo si faccia cadere qui: in questo modo il PD spera che si possa separare la figura di Marino dalla linea politica della Giunta guidata dietro le quinte da Goffredo Bettini. Invece (credo) si otterrà lo stesso effetto che ottenne Mani Pulite nel 1994: il popolino, infuriato, voterà per qualche Grillino rutilante, o nella migliore delle ipotesi per un palazzinaro, Alfio Marchini, che almeno è moderato nei toni e simpatico nell’eloquio e nella presenza mediatica. Nella campagna elettorale non si parlerà di ATAC, di AMA, di Centrale del Latte, di ACEA, di ZETEMA, ma si parlerà di Mafia Capitale e si farà capire che esiste una continuità innegabile tra la Giunta Alemanno e la Giunta Marino, ma senza ripetere le frasi sacrosante di Cantore: il marcio è prima di tutto nella pubblica amministrazione e negli uffici tecnici, tra i vigili urbani, tra chi dovrebbe costituire l’ossatura di Roma Capitale ed invece ne è il cancro inarrestabile. Il nuovo Sindaco dovrà solo promettere di essere onesto, pecora tra i lupi, e di dedicare i suoi anni al Campidoglio a gridare la sua rabbia ed il suo sdegno. Di politica non se parlerà, le cose potrebbero peggiorare. Nel frattempo, stamattina, Alan Friedman (uno dei migliori giornalisti del pianeta) ha fatto uscire la sua biografia di Silvio Berlusconi, Il libro è intitolato pecorecciamente “My Way” (l’uomo resta ciò che è), ma nel libro, che sto leggendo in un fiato, ci sono anche le cose giuste fatte da Berlusconi in campo internazionale, e di cui nessuno (nemmeno i suoi, che sono una massa di capre e gangster di borgata) parla mai: dagli accordi sul petrolio alla mediazione tra Stati Uniti e Russia, per la qual cosa ancora oggi (vedi il viaggio in Crimea) resta un punto di riferimento. Sorpresi? Bisogna tornare a studiare ed occuparsi seriamente di politica, smettendo di essere tifosi. Continuerò a combattere Berlusconi (vedrete che proverà a tornare, questo libro è una mossa straordinaria ed utilissima), ma questo non vuol dire che non sia pronto a riconoscerne i meriti politici. Almeno in sere come questa, in cui sono tranquillo e nessuno mi ha pestato i calli.
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