– Cerco di riassumere ciò che “Report” di Milena Gabanelli è riuscita a spiegare oggi. Il prezzo del petrolio dipende da tre fattori: quanto costa estrarlo, quanto costa portarlo sui mercati, quanto vale come mezzo di pressione. In questo calcolo negli ultimi anni sono entrate nuove variabili, e specialmente una. Il picco di gas e petrolio estraibile dai giacimenti conosciuti ha raggiunto e superato un limite temuto – insomma si può calcolare quando finirà. Possibilità: si cambia energia, si trova nuovo gas e petrolio. Si cerca di fare entrambe le cose. Una di queste possibilità è lo shale gas, un gas prodotto dalla frantumazione di altri minerali e rocce in modo estremamente inquinante ma a prezzi straordinariamente bassi. Grazie allo shale gas gli Stati Uniti hanno raggiunto in 8 anni l’indipendenza energetica. Quando, tre anni fa, la Chevron (una multinazionale americana) regalò alla Polonia ed all’Ucraina la tecnologia estrattiva ed i brevetti ad essa collegati, non capii perché lo facessero. Oggi “Report” me lo ha spiegato. Primo: in questo modo la Chevron va ad estrarre a pochi chilometri dalla frontiera russa (e fin lì c’ero arrivato anch’io), portando non solo ingegneri, ma anche sistemi di intercettamento ambientale e militari più o meno mascherati da altro. Ma questo non spiega nulla. Secondo: il gas viene considerato un materiale strategico, e quindi la legge federale degli Stati Uniti ne vieta l’esportazione. Risultato: crollo dei prezzi dello shale gas, ce n’è troppo – e per produrre il gas di un pozzo classico ne servono 25 di shale gas, che per giunta perde efficienza di anno in anno, aumentando i costi e l’inquinamento – motivo per cui l’ENI, che pure è interessata allo shale gas, ha sempre detto che da noi questo gas non verrà mai sfruttato (lo abbiamo in Emilia Romagna). Terzo: la Russia non può produrlo, perché se lo facesse farebbe crollare il prezzo del gas e del petrolio prodotto dalle sue grandi industrie. Quindi: la Russia non vuole che l’Ucraina (che non solo dipende al 100% dalla Russia per l’energia, ma è anche la sede degli oleodotti che portano petrolio e gas russo all’Unione Europea) passi allo shale gas. Non lo vuole, costi quel che costi. Gli Stati Uniti godono. L’amministrazione Obama ora ha un’arma in mano per dire al Parlamento federale che bisogna immediatamente cambiare la legge che vieta l’esportazione dello shale gas all’estero. Vincerà, sicché lo shale gas salirà di prezzo, gli Stati Uniti si arricchiranno, l’Ucraina non sarà una concorrenza né per gli USA né per Mosca. Perfetto. E noi Europei? Niente. Come al solito. La Germania fá ciò che dice la Russia. L’Italia fà ciò che dice la Germania. Il Regno Unito cerca di passare allo shale gas, ma sappiamo bene che la popolazione, non appena vedrà il livello di inquinamento acustico e respiratorio, bloccherà questa industria. La crisi in Ucraina fa contenti tutti. Evviva.

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