Credo che la maggior parte di noi, come me, del resto, stenti a credere che si possa arrivare alla Terza Guerra Mondiale, o ad una guerra atomica locale, perché ci è ben chiaro il livello di distruzione che ciò comporterebbe ed il fatto che, in una guerra del genere, non ci possano essere né vincitori, né vinti, ma solo morti. Ma siamo tutti consapevoli del fatto che, detto questo, la “gara” attualmente sia una sfida a chi ci arriva più vicino senza che gli altri abbiano il coraggio di reagire. Credo anche che ci siano pochi dubbi sul fatto che il Governo Nordcoreano sia prontissimo a scatenare un olocausto nucleare, visto che è diretto da un pazzo che si muove in totale assenza di controllo. Spero vivamente che il governo Cinese, che invece sta mostrando una grande saggezza e lungimiranza, sappia come far mordere il freno al dittatore di Pyeongyang. Finalmente ho anche l’impressione che a Washington, l’altro pazzo, Donald Trump, venga costretto (o magari convinto) a prendere certe decisioni piuttosto che altre. Vladimir Putin ed i Re Sauditi, invece, fino ad oggi hanno espresso un forte pragmatismo. A patto di non scambiare pragmatismo con bontà. E non raccontiamoci la balla che loro facciano politica col terrorismo, perché gli Stati Uniti fanno lo stesso da oltre un secolo, solo con scarsa capacità e nessuna lungimiranza, ma altrettanto cinismo, come dimostrano le guerre di Corea, del Vietnam, della Jugoslavia, dell’Iraq ed ora della Siria. Il pragmatismo, però, sta cancellando i pochi “effetti benefici” del monito costituito dall’esperienza della Seconda Guerra Mondiale, e questo lo si vede bene soprattutto guardando alla Turchia di Tayyip Erdogan. In queste ore lui sta facendo votare un referendum che gli darebbe il potere totale di vita e di morte sull’intero Paese e – pensa lui – sull’intero scacchiere mediorientale. Già oggi, in Turchia, essere “non amico” di Erdogan equivale ad una condanna certa ad essere incarcerato, torturato e ucciso. Nemmeno negli USA di McCarthy o nell’Unione Sovietica di Stalin l’orrore del regime era equiparabile a ciò che la escalation del potere di Erdogan sta scatenando da Costantinopoli in giù. In questo nuovo, comune pragmatismo globale, ci sono tratti caratteristici non nuovi, ma ugualmente raccapriccianti. Come ho già ripetuto fino alla nausea, gli Stati Nazionali nati dalla dottrina Bismarck e dal Congresso di Vienna del 1815 sono morti. Resistono solo i regimi e vassalli. In questi regimi non esiste nemmeno più la parvenza o la superstizione della democrazia. Alla gente viene spiegato chiaramente: o obbedisci, o muori. A nessuno viene data la possibilità di controbattere con opinioni sì pragmatiche, ma ispirate al bene della comunità. In questo nuovo Medioevo, le Tirannie di tutto il mondo (Mosca, Washington, Riyadh, Ankara, Pyeongyang, Pechino, Mumbai, Teheran, ma anche Brasilia, Luanda, Ciudad do Mexico, Caracas, Buenos Aires, Seul, Singapore, Djakarta, Ho-Chi-Minh, Abuja, Johannesburg – e non Pretoria – Cairo, Kampala, Kigali, etc.) hanno tratti comuni: vengono subite come ineluttabili dalla popolazione, e quindi vengono votate alle elezioni; sono dirette da una ristrettissima oligarchia di ricchi militari o industriali, che comandano su milioni di persone commutate in “carne da cannone”, donne e uomini resi schiavi che non hanno né la comprensione, né la responsabilità, né il senso di quest’ultima, né la forza contrattuale, né la forza fisica, ideale o logistica, di opporsi; non dovendo giustificare nulla a nessuno, queste oligarchie agiscono spesso in assenza di ragionamento, di senso della prospettiva, di percezione storica, sociale, culturale, scientifica. Siamo, insomma, diretti da pazzi sanguinari, infantili e frustrati, cui non importa nulla delle conseguenze di ciò che fanno. L’Unione Europea è ancora il più grande mercato, nel senso che siamo coloro che comprano di più e, per questo, veniamo mantenuti in una sorta di bolla zoologica. Per ora. In questa bolla, abbiamo l’apparenza (e ci aggrappiamo ad essa) che le “vecchie regole” della dottrina Bismarck e dell’eurocentrismo siano ancora valide. Non capiamo nulla di chi comanda veramente, ne siamo solo (giustamente) spaventati. E quindi litighiamo sulle pecorelle della Brambilla, che fanno meno paura. Mentre le pecorelle siamo noi. In questa situazione è difficile augurarvi Buona Pasqua. Facendolo, penso ad Israele, alle nostre sorelle e fratelli di laggiù. Non sono innocenti, di pasticci ne combinano anche loro. Ma in questo siluro di follia, che ammassando orrore in Anatolia e nel Mar Giallo ci porta vicini ad una possibile Fine del Mondo, sapendo che stavolta non ci sarebbe cattività, non ci sarebbe Mosé, ma solo una nube radioattiva, Gerusalemme, e l’equilibrio precario tra Israele ed Egitto (nonostante ciò che sta accadendo in Sinai, nonostante i crimini commessi nella striscia di Gaza), resta la lucina del Pianeta. Se è accesa, ci sarà un nuovo giorno. Almeno uno. Oppure

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