L’essere umano, una volta, si considerava un ganglio in una catena forse infinita, fatta di generazioni, al benessere della quale cercava di contribuire come potesse. Oggi, invece, la velocità è tale che alcuni riescono a completare la scala in una sola esistenza, ed hanno istillato il dubbio negli altri: se non riesci a fare lo stesso, la tua vita non ha avuto senso. Dapprima ci si è messi a caccia delle scorciatoie. Successivamente è stato distrutto il nesso tra risultato e premio. Poi si è sdoganata l’imbecillità come via alternativa al successo. A questo punto, nel momento in cui l’estetica ha ucciso lo strutturalismo (paradosso: nel momento in cui il mondo formale ha finto di uccidere il mondo dinamico, che invece cresce, cresce, cresce e non si ferma mai), la società è stata dichiarata futile, e la violenza ha prevalso, la prevaricazione è divenuta la più diffusa forma di interazione tra esseri umani. Solo che, a questo punto, il “successo” diventa un’opzione superflua. Morire e vivere diventano quasi equivalenti. Amore ed orrore si interscambiano in una scala di valori inconoscibili e confusi. La divisione non è più tra soli e non soli, ma tra soli consapevoli ed inconsapevoli, essendo questi ultimi in numero maggiore e più pericolosi delle termiti.

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