– Quanto sono tutti contenti che Napolitano si dimetta. Ora tutto si blocca, tutte le promesse e le scadenze verranno dimenticate, per settimane ci riempiranno di chiacchiere da bettole su trattative di cui sinceramente non mi importa nulla di nulla. Nel frattempo il signor Draghi resta l’unico italiano a battersi per un obiettivo politico (peraltro condivisibile). La Germania ed il Regno Unito sono sull’orlo della recessione. Scommettemmo su Putin per avere energia a prezzi più bassi di quelli americani, e gli USA si svincolano con lo shale gas e fanno crollare il prezzo del petrolio a livello globale. Quindi dovremmo ora investire tutto sull’ENI, ed invece stiamo lì a guardare se casomai avessero pagato una mazzetta a qualche politico africano, facendo finta di non sapere quale polveriera sia la Nigeria. Sicché siamo al punto più debole proprio nel momento in cui l’attacco si fà più serio. Continueremo a svendere come hanno fatto i Greci nell’ultimo quinquennio? Non si sa, ma temo di sì. Faremo qualcosa per evitare che il sistema produttivo italiano, già quasi annientato, venga definitivamente spazzato via? No. Alzeremo le tasse ed eviteremo di protestare a Bruxelles sulle porcate che ci stanno combinando sulla denominazione d’origine in cambio di una vaga promessa sulla flessibilità di bilancio. Libereremo i nostri ostaggi in India? No, ci occupiamo di un deficiente di Sidney e lo stilizziamo come l’Anticristo che faceva parte della Spectre islamica. Facciamo qualcosa contro la criminalità organizzata, ora che abbiamo visto che a Roma come a Milano come a Venezia come a Reggio Calabria e tacciamo di Bari, Napoli, Palermo, Catania – e poi L’Aquila, che abbiamo dimenticato ed abbandonato? Non sia mai! No no, sputiamo in faccia agli immigrati e chiediamo a Salvini che ce li ammazzi in nome delle nostre stupide paure. Ho guardato il programma culturale della città di Roma per i primi sei mesi del 2015. Solo soldi agli amici, nessun progetto, niente. L’analfabetismo funzionale dei nostri ragazzi è arrivato ad un punto di non ritorno? Chi se ne frega. Nelle lezioni che tengo gratuitamente nei licei di periferia solo una categoria di studenti conosce Pavese, Buzzati, Calvino e Pasolini: i Cinesi. Gli italiani, se dai loro una lista di 50 compatrioti famosi degli ultimi 100 anni, non ne conoscono nemmeno uno. Non sanno chi sono. Ma Camusso e Landini portano in strada il rigurgito del capitalismo industriale degli anni 70 (pochi dinosauri di aziende moribonde) e raccontano favolette che nemmeno su Retequattro. Ma Napolitano si dimette, fermi tutti. Roma è senza guida, senza bilancio, l’ATAC potrebbe chiudere, i controllori del traffico dei rifiuti, che erano stati arrestati, umiliati e messi alla berlina, sono già tornati in sella e si dividono ulteriori fette di potere. Ignazio Marino delira come un pappagallo cui abbiano iniettato il Ballo di San Vito. Lui e la sua nuova Assessora dicono: chiudiamo i campi Rom, diamo loro una casa – scavalcando le classifiche delle assegnazioni di edifici popolari. Tanto (dice) se non lo facciamo i Rom le case le occupano comunque. Ma tu chi vedresti meglio? Prodi? Pippo Inzaghi? Laura Pausini? Razzi a Sanremo? Ma Romina ama ancora Al Bano? Ha ragione lei o il Dalai Lama? Ne parleremo a marzo, quando il campionato entrerà nel vivo, e Renzi ci dirà se si vota subito o no. Ma intanto non si fa nulla. Né le riforme, né le controriforme, tantomeno la benché minima proposta politica. Bentornato Paolino, l’Italia s’è sopita.

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