– Scrive Davide Giacalone: “Sostenere che le tasse altissime, da record mondiale, siano un derivato dell’evasione fiscale, come ha fatto Attilio Befera, non solo è falso, ma anche assai pericoloso. Occorre che si faccia attenzione alle parole, non soffiando a casaccio sul fuoco. E occorre che non si dia conferma teorica a quella che è già una pessima sensazione diffusa, ovvero che i soldi si vada a cercarli da quelli che già pagano. Il che accade, come ho potuto personalmente sperimentare, anche nel caso della supposta lotta all’evasione. Il total tax rate, la pressione fiscale complessiva, sulle imprese raggiunge il 68,5% (Paying Taxes di Pwc). Superiore, e di molto, a quello degli altri concorrenti europei. Il prelievo fiscale, considerando non solo le imprese, raggiunge, secondo i calcoli Confcommercio, il 55% del prodotto interno lordo. Tutto questo per inseguire una spesa pubblica fuori controllo cui si è aggiunto, da un anno a questa parte, un altrettanto incontrollabile prezzo del debito pubblico. Allora: posto che le tasse si pagano e che l’evasione è un crimine contro la collettività, se tutti pagassero avremmo come risultato una pressione ancora più forte. Dicono i beferiani: in questo modo si potrebbero diminuire le tasse. Ma l’esperienza ci dice l’esatto contrario: aumenterebbero le spese. A questo si aggiunga che ci sono fasce di mercato per le quali l’evasione non è un vantaggio che porta profitto, ma una condizione che consente il galleggiamento. In altre parole: lasciandola immutata non possiamo che impoverirci e affondare tutti. La soluzione consiste nell’abbattere il debito pubblico mediante dismissioni di patrimonio pubblico, riservando una parte di quei proventi sia alla diminuzione della pressione fiscale che agli investimenti infrastrutturali. Le altre strade sono solo svenamento progressivo e mortale. Indicare nell’evasore (che va condannato) il nemico pubblico numero uno non fa che incentivare i gia diffusi sentimenti di invidia e rabbia sociale, sui quali si può fondare la guerra, non certo la convivenza civile. Mi è capitato d’essere sottoposto a verifica fiscale, che ho appena chiuso. Va bene, i controlli sono giusti. Quattro finanzieri, in quattro mesi, hanno passato al setaccio tutti i conti. Solo che già nella prima settimana era chiaro che tornavano, ma da lì in poi è stato un crescendo rossiniano di richieste sull’uso privato che faccio dei miei soldi, sui quali era già dimostrata la fedeltà fiscale. Ho dovuto chiedere copie di assegni a diverse banche. Ho dovuto produrre la copia della ricevuta di un pagamento effettuato alle poste! Ho dovuto ricostruire prestazioni idrauliche di due anni prima. Non ha senso, perché questo è solo un modo per cercare di fregare le persone oneste. Ho lavorato, per settimane, assieme al commercialista, per rispondere a una cinquantina di quesiti, sotto la minaccia che se non fossi riuscito a produrre la documentazione (che non era in mio possesso, ma delle banche) si sarebbero trasformati in rilievi. Poi ricorrerà, non si preoccupi, mi dicevano. Ma non è sensato, perché ricorrendo avverso ciò che è irraggionevole si sprecano soldi miei e dello Stato. Morale, se ne sono andati contestando un solo punto: le schede carburante non recano le firme dei benzinai, ma solo il timbro. Io non ho mai visto un benzinaio firmare, ma sarà colpa mia. In ogni caso la cifra è irrilevante. Befera è bene si renda conto che aizzare gli italiani che pagano contro quelli che si suppone non lo facciano, per giunta mettendo nell’elenco degli infedeli quelli che già pagano moltissimo, ma vengono sottoposti a controlli che mirano esclusivamente a fare un verbale purché sia, non è il mestiere del servitore dello Stato, ma del mestatore e sobillatore. Siccome conosciamo tutti la sua preparazione e determinazione (non a caso presta servizio sotto governi diversi ed è a capo, contemporaneamente, sia dell’Agenzia delle entrate che di Equitalia, talché la sua influenza fiscale è superiore a quella dei ministri di passaggio), gli segnalo la cosa. Per il bene di tutti”. Aggiungo una mia considerazione. Gli Italiani hanno sempre considerato lo Stato non come la rappresentanza totale di sé stessi, ma come un nemico scemo da fregare, certamente. Ma questa cosa è stata rafforzata nei loro geni grazie all’accordo del dopoguerra: chi guadagna bene è nemico dello Stato e viene punito con le tasse. Con quei soldi si finge di trovare un lavoro ai perdenti, che si chiamano Pubblica Amministrazione. Sicché la Pubblica Amministrazione odia coloro che dovrebbe servire, chi paga le tasse odia tutto, perché sa di essere stato infinocchiato. Ora il tavolo salta, ed è un bene. Ora bisogna pagare tutti, si dovrebbe dire, ed è un male comune. Ma ora bisognerebbe cambiare il sistema, e questo non è disposto a farlo nessuno, ma davvero NESSUNO.

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