Non conosco bene la Francia e non mi azzardo a commentare troppo in profondità le ore di trasmissione radio che ho ascoltato e le pagine di giornali che ho letto in questi ultimi giorni. Meglio usare queste occasioni per imparare. Ed ho imparato una cosa di cui avevo il sospetto, e che diversi filosofi e commentatori francesi hanno ripetuto spesso in questa rincorsa al voto. Il problema della crescente presenza di immigrati, che in Francia ha una storia molto più lunga che in Italia – anche per il fatto che i transalpini conservano ancora alcuni “possedimenti d’Oltremare” – è legata al fallimento della loro assimilazione. Orbene, conosco il modello di assimilazione proprio del Regno Unito (che è in parte fallito, e consiste nel tenere le caste separate); conosco quello di Germania e Svezia (che è miseramente fallito: a casa ognuno fa come gli pare, in pubblico ci si comporta da tedeschi o da svedesi, e si riceve anche lo stesso trattamento in positivo); conosco il rifiuto totale dei Paesi dell’Est europeo; conosco il non-sistema italiano. Ma sono tutti progetti di assimilazione, e sono tutti falliti, perché le persone che vengono dall’Africa e dal Medio Oriente si lasciano solo raramente assimilare, e la maggioranza della nostra gente non li vuole assimilati, nemmeno in fotografia. L’integrazione non è MAI stata un tema, se non da noi in Italia, e comunque in modo non coerente; eppure ho la sensazione che da noi manchi la coscienza del fatto che in Francia, Germania, Svizzera, Svezia, la percentuale di stranieri sia molto ma molto più grande di quella presente da noi – nonostante le migliaia di sbarchi degli ultimi anni. Tutti gli osservatori stranieri concordano sul fatto che i recenti attentati di matrice islamica vengano operati non da immigrati, ma da migranti di seconda o terza generazione, le cui famiglie hanno da tempo la cittadinanza e sono quindi francesi, tedeschi, svizzeri, svedesi, inglesi. Ovvero: queste sono persone che soffrono per qualche motivo, non vedono nessuna prospettiva per la propria vita, e scelgono il terrorismo islamico. Seguendo lo stesso percorso che porta tantissimi ragazzi, italiani al 100%, ad affollare i concerti di Bellofigo, perché ne condivide l’apparente (si tratta di un furbone sfruttato da furboni) alienazione, rabbia, volgarità ed ignoranza. Mi spiego meglio. La società contemporanea, per assimilare il singolo cittadino, non regala nulla, ma quasi obbliga ciascuno di noi a rinunce enormi e condanna alla povertà culturale ed all’incertezza occupazionale la stragrande maggioranza della popolazione. L’Europa Occidentale della fine della bolla speculativa del 2008 è un luogo in cui la gente fa fatica a sopravvivere (anche se vive certamente meglio che in altri Continenti), in cui si percepisce il futuro come un incubo incombente, in cui si teme di non farcela e si viene continuamente esposti alle immagini di chi, invece, ce l’ha fatta senza alcun merito, per caso o per nascita. Il sogno dell’emancipazione del proletariato è morto, ma non è stato sostituito, se non dal darwinismo sociale. Uno su mille ce la fa, come dice Gianni Morandi. Uno che fa canzonette da mezzo secolo e, in confronto al demente defilippismo di oggi, diventa un punto di riferimento culturale. Ebbene? Voglio dire che, il misero di origine araba o africana, alla disperazione, sempre più spesso sceglie di suicidarsi come terrorista islamico. Ma si tratta quasi esclusivamente di drop-out conclamati, con precedenti penali, persone che non hanno nessuna speranza di migliorare il proprio livello di vita tramite un’assimilazione reale o fittizia. I cristiani, invece, generalmente ammazzano la moglie e poi si uccidono, votano Beppe Grillo o Forza Nuova, diventano casi di emarginazione sociale (secondo l’ISTAT oltre il 6% degli abitanti vivono in condizioni paragonabili all’accattonaggio e senza fissa dimora – una percentuale che non avevamo più raggiunto dal 1963), finiscono nelle reti di manovalanza della criminalità organizzata. Chi ci governa considera questa fascia di popolazione, che cresce di anno in anno, un prezzo da pagare accettabile per rafforzare le proprie posizioni di privilegio – perché non sa come cambiare le cose. Il nostro fallimento rafforza l’opinione propalata dagli Imam del fondamentalismo. Noi bianchi rappresentiamo una società marcia, e siamo ricchi senza meritarlo, quindi andiamo schiacciati. Il populismo dei religiosi della jihad è lo stesso di quello della Signora Le Pen, di Matteo Salvini, del Movimento Cinque Stelle, di Nigel Farage, di Frauke Petry. Una tesi che non promette soluzione, ma vendetta, e che funziona (elettoralmente) proprio perché ad una soluzione non ci crede più nessuno. Ed infatti chi vi si oppone, come Matteo Renzi, non promette soluzione, ma una diversa estetica della sconfitta, dell’incapacità, dell’impotenza, basata su un buon umore grottesco e macabro. Quindi credo che le elezioni francesi non costituiranno un cambiamento in nessun senso, a meno che non vinca la Signora Le Pen. Sembra una roulette russa. Ogni pochi mesi abbiamo un’elezione che rischia di portare al potere coloro che distruggeranno quel poco che resta. Ogni volta “gli altri” ce la fanno per un soffio. Ogni volta, questa vittoria non porta alcun miglioramento, e, quindi, prima o poi il caricatore arriverà alla pallottola che ci trapasserà il cervello – e che avrà scritto, sul suo corpo di metallo, “soluzione radicale del problema dei migranti”.
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