Essendo arrivato troppo presto ad un appuntamento col medico, mi sono seduto nel giardino di un bar a bere un cappuccino e leggere il giornale. Accanto a me sedevano tre ragazze di età per me indefinibile, tutte estremamente su di giri, che discutevano e ridevano a volume altissimo – sicché non ho potuto fare a meno di ascoltare, all’inizio imbarazzato e poi via via più sconcertato. Le tre ragazze avevano preso parte ad una manifestazione chiamata Love & Blood Italia 3.0, un weekend organizzato in un hotel di Roma in cui ragazze paganti (credo di aver capito che dovessero scucire centinaia di Euro per esserci) potevano incontrare degli attori protagonisti di una soap TV americana. I racconti erano straordinari, quindi non so dire quanto fosse vero e quanto volutamente esagerato. Le tre ragazze speravano di poter andare a letto con questi attori, ma pare che le ragazze presenti fossero talmente tante da rendere impossibile l’impresa, così loro si erano accontentate di ingentilire le ore degli inservienti dell’albergo e dello staff che accompagnava gli attori. Una di loro sosteneva di essere stata drogata e di aver provato, sotto l’influsso della chimica, il miglior sesso anale della sua vita. Insomma, questo weekend sarebbe stato un’immensa orgia in cui gli attori o non partecipavano, o non si sa, ma chiunque si trovasse per qualsivoglia motivo in quell’albergo ne avrebbe (pare) viste e sperimentate di tutti i colori. Non scrivo per fare del moralismo. Le donne hanno altrettanti diritti quanto gli uomini. Se si organizzassero weekend con le attrici di qualche serie pruriginosa con la promessa di qualche scopacchiamento fuori ordinanza, credo che i ragazzetti accorsi, capaci di mettere sul tavolo 500 Euro, avrebbero riempito lo Stadio Olimpico e solo perché dopo l’entrata del centomillesimo ospite l’esercito avrebbe iniziato a sparare sulla folla. Di questa cosa mi interessa altro. Delle tre ragazze, due si dicevano fidanzate ed una sposata – e sostenevano che i consorti sapessero di dove si trovassero, anche se (ma davvero?) non potessero sospettare i fiumi di sperma colati in quelle stanze avite. La spiegazione: i mariti sono per la vita, che è una cosa triste e senza speranza, legate a uomini disprezzati, stolidi, egoisti, spesso brutali – spiegando a se stesse che tanto i maschi siano tutti così e che non serva cercare altrove. Invece quel weekend era stato l’esplosione di una gioia di vivere negata, una favola che diventa realtà, il toccare un sogno in cui – per poche ore – quelle ragazze hanno potuto essere ciò che non potranno mai osare. Colei che raccontava delle esperienze sessuali più spinte diceva: col mio ragazzo certe porcate mi farebbero schifo, ma lì ero come una principessa e tutto era bello e pulito. Insomma, quelle ragazze sono andate a letto con chicchessia così come io vado a vedere una partita di calcio o uno spettacolo teatrale: per vedere una prospettiva diversa, e per immaginare una realtà altra e migliore di quella che viviamo, senza avere più la benché minima speranza di poter trasformare in realtà alcunché. E la sessualità – racconta quella che sembrava la più giovane – pare sia rimasta l’unica cosa sulla quale si possa avere un minimo di influenza. Lavoro, amore, famiglia, abitazione, legami sociali, tutto il resto è una cloaca maleodorante cui non si può sfuggire. I rispettivi mariti lo sanno ed accettano quello che da un lato non percepiscono come un vero e proprio tradimento, dall’altro li eccita (una diceva che, raccontando le sue avventure sessuali del weekend, il fidanzato, almeno per una sera, si fosse trasformato in una bomba del sesso), ed infine anche loro hanno, nei confronti del rapporto di coppia, lo stesso atteggiamento anaffettivo e passivo. E’ buffo pensare che nel Capitale di Karl Marx, nel capitolo sull’amore, si dicessero cose simili: se la passione non genera amore, allora non è amore, ma schiavitù del capitale e dei suoi padroni. Mi viene in mente lo ius primae noctis ed un dubbio che avevo già avuto al liceo: dato che i matrimoni si tenevano soprattutto in primavera, il Re, una volta all’anno, aveva a disposizione un enorme numero di donne, e non credo che le provasse tutte – secondo me rendendo allegra la notte di alcuni esponenti scelti della soldataglia. L’essere umano, insomma, non cambia mai. La più brillante delle ragazze, di nome Giada, conclude: “se sei una ragazza che non fa fesserie, allora stai con un bruto che ti umilia, ti offende e ti tradisce, e dopo un po’ perdi qualunque stima in te stessa. Se decidi di aspettare quello giusto, rimani da sola, perché i ragazzi sono merda liquida: viziati, infantili, egotici, pigri, violenti. Se vai in TV ti si chiava chiunque, ma almeno hai un sogno possibile”. Ricordo le masse di mamme e ragazzine che facevano la fila davanti all’entrata degli studi Fininvest per poter entrare a far parte delle truppe di veline, letterine, ciucciarotte, succhiettine e quant’altro. Sia mamme che figlie ne facevano di tutti i colori con chi stava all’entrata, per poter entrare in quell’inferno che speravano fosse solo il Purgatorio preventivo. Giada conclude con una grande verità: “Vedrai, prima o poi lo faranno pure per i maschi. Per questo tutti i tronisti sono non solo coatti, ma frocioni fino al midollo”. Madama la marchesa è servita, noi peggio.
Se la generazione di chi oggi ha 20 anni ritiene che incontrare un attore sia l’evento di una vita, allora bisogna considerare che quella vita sia povera di speranze. Non è un giudizio sulla persona, ma sulla società. Se qualcuno si fa fotografare vestito da Mickey Mouse e crede che una borsa griffata sia l’apice di una vita, costui ha un gravissimo problema mentale. Chi è andato a Love & Blood, secondo me, non è matto, né pervertito, né una zoccola, né un criminale – ma ha un problema sostanziale di socializzazione. Che non è una cosa riprovevole, ma triste. Ciò non di meno questa persona va rispettata lo stesso, anche quando trincia dei giudizi un po’ ingenui come sostenere che in quella manifestazione, in cui giravano tanti soldi, nessuno ci abbia guadagnato. Oppure sostenere che quei benedetti ragazzi, allenati da persone esperte e smaliziate, abbiano sorriso, aperto fondazioni, gridato per la difesa dei cormorani o quant’altro. Si tratta di un’altra manifestazione di un’estesa malattia sociale: noi non concorriamo a capire e cambiare il mondo, ma usiamo il televoto per sostenere che un personaggio impersonato da un attore – quindi un avatar estremamente falsificato e semplificato della realtà – sia meglio della realtà stessa. E allora buona notte al secchio. Un’altra cosa: non si può usare una generalizzazione e sostenere che sia un attacco personale!!! Sarebbe come dire che io scriva che i Fenici non conoscevano l’uso del computer e che un sardo mi risponda che io non debba permettermi di dare dell’ignorante ad un suo tris-trisnonno. La retorica è una scienza complessa e non un moto digestivo. Il punto più doloroso di questa discussione, per me, è vedere una giovanetta che sfotte una delle scienziate più famose ed importanti del nostro Paese per l’aspetto fisico da chi sostiene che i telefilm sono più importanti di altre cose e che cita continuamente, per spiegare questa superiorità, la Ian Sommerhalder Foundation: una piccola ONG californiana iniziata dai promoters ed i pubblicitari di questo attore, che si preoccupa di salvare animaletti in pericolo e che, dopo il 2012, ha faticato a presentare i bilanci ed ha rischiato di essere liquidata per ordine del Tribunale, per poi pubblicare gli ultimi due bilanci, congiunti, spiegano che metà del fatturato è stato impiegato per acquistare (per 0,96 milioni di dollari) una proprietà immobiliare ed il resto per pagare uno staff imponente di 14 Executive Managers. I soldi impiegati per campagne online sull’immondizia e gli animali (sacrosante) impiegano circa un ottavo dei soldi raccolti ogni anno, che sono comunque una cifra (ovviamente) risibile, dato che la Fondazione non ha nessuna reputazione, né positiva né negativa. Con queste cifre la Ian Sommerhalder Foundation si colloca in fatti oltre il 500° posto tra le ONG mondiali che si occupano delle stesse questioni, a partire da Greenpeace. Con i “Devotionalia” ed i meetings, invece, la FantasyEvents (fantasyentertainmentevents.com), la cui società capofila – come anche le collegate italiane, è ufficialmente un’associazione “no profit”, incassa circa 445 milioni di Dollari l’anno (443,8 nel 2013 e 436,1 nel 2014) senza pagare tasse e senza spiegare che fine facciano tutti quei soldi – anche se é chiaro e giusto che gli attori partecipanti si becchino una ricompensa per essere esposti in decine di città all’adorazione dei teenager. Credere a costoro, scusatemi, è beata ingenuità.

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