Sul referendum ticinese, i cui risultati indicherebbero l’esistenza di una popolazione razzista, vorrei spendere due parole. Ho vissuto diversi anni nella Svizzera Italiana e conosco benissimo quelle isole di volgarità e infantilismo che aderiscono all’UdC ed alla Lega dei Ticinesi (un cittadino su quattro o su cinque), ma conosco ancora meglio la stragrande maggioranza dei cittadini della Repubblica del Ticino, che sono tutt’altro, e che da anni si battono per un Ticino profondamente diverso. La maggior parte dei cittadini che ha votato “contro” i frontalieri, in realtà, odia con altrettanta protervia tantissimi autoctoni, magari nati dalla parte sbagliata del Monte Ceneri, e comunque restii ad adeguarsi ad una cultura del servilismo medievale, che ancora oggi resiste nei geni delle famiglie con tradizioni più forti. Non si tratta di destra o sinistra. In Svizzera questi concetti quasi non hanno un senso, dato che si nasce per tradizione familiare in seno ad un partito e poi si cerca, con l’intelligenza e la militanza, di far cambiare indirizzo al proprio partito in base alle proprie pragmatiche convinzioni su singole questioni. Certo, esiste una sostanziale questione economica. Il Ticino vive dell’essere “terra di passaggio”, non ha una forza sufficiente per resistere senza una catena di dipendenze nei confronti della Svizzera Tedesca e dell’Italia. La Svizzera oggi cresce, ma la vita costa moltissimo, e tutti temono che ci sia un violento riassestamento, prima o poi. Chi ha votato contro i frontalieri teme che, alla prossima recessione, molti ticinesi resteranno senza lavoro, dato che i lavoratori stranieri costano un terzo di un lavoratore elvetico. Al contempo, tutti sanno che una porzione fondamentale del PIL ticinese – oltre la metà – è indissolubilmente legata all’Italia, sia con gli affari leciti che con quelli illeciti. Tanto rumore per nulla? Direi il contrario. A mio parere, sin da quando il governo ticinese era composto da Luigi Pedrazzini, Giuseppe Buffi (e poi Gabriele Gendotti), Marina Masoni, Patrizia Pesenti (e Martinelli prima di lei) e Marco Borradori, questi referendum sono serviti soprattutto ad uno scopo: annientare le forze di rinnovamento ticinesi che, con contenuti puliti, rivolti ad un futuro di socialità e piena occupazione, in cui liberali e socialisti quasi visionari si battevano per un pragatismo onesto e non populista, annaspano sotto il peso di un potere politico opaco, sordido ed estremamente violento. In Ticino, chi sbaglia muore. Helios Jermini, Gianfranco Tramezzani, Max Moederle, potremmo citare decine di nomi di suicidati eccellenti. La destra volgare e mendace non vuole mandare gli Italiani a casa, vuole continuare a sfruttarli – ma vuole distruggere sul nascere coloro che sognano un Ticino che finalmente si liberi dai Landvogti, dalle pastette di Comunione & Liberazione e del Monte Verità, che si liberi dai Cotti, dai Ghiringhelli, da Tettamanti, da tutte quelle famiglie legate a doppio filo a chi accetta soldi sporchi e sputa con arroganza sul piatto in cui mangia – che è la popolazione ticinese, quella vera e resa quasi invisibile dall’iconografia del potere, da Nello Celio in poi. Non lo straniero. Ed io, che in Ticino ho sofferto tantissimo, picchiato dalla Polizia, travolto da una magistratura a volte compiacente col potere, isolato dai lecchini di un giornalismo che definire provinciale sarebbe un complimento, vorrei testimoniare la mia stima ed il mio affetto per politici e professionisti seri – persone segretamente appassionate, che in Ticino mostrare passione è pericoloso. Non li nomino per non danneggiarli. O ne nomino due, cui ho voluto bene e che non ce l’hanno fatta. Le vere vittime dei populisti dei zoccoletti. Roberto Morinini e Sidney Rotalinti. Loro sono il Ticino buono, vero, da amare e rispettare, per cui vale la pena lavorare, avere fiducia in un Cantone che verrà, magari anche passando ogni giorno la frontiera, per contribuire al benessere di una terra che, lontano di Via Franscini, Via Pioda, Via del Pretorio e quelle due o tre strade di faccendieri, massoni e magistrati corrotti, va avanti nonostante tutto. E quel tutto, ve lo giuro, non è poco.

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